Cultura e Spettacoli

E Piano «rilegge» la Morgan Library

Sabato a New York riaprirà dopo tre anni di lavori d’ampliamento la celebre biblioteca fondata negli anni Venti dalla grande famiglia di banchieri americani. L’architetto genovese ha usato vetro, acciaio ma soprattutto la luce...

Silvia Kramar
da New York
La scelta di un architetto europeo per recuperare la storia americana può sembrare paradossale. Eppure quando sabato prossimo a New York la nuova Morgan Library verrà riaperta al pubblico, dopo una ristrutturazione che è costata ben 106 milioni di dollari e tre anni di restauri, gli americani applaudiranno l’incredibile «matrimonio» tra la diplomazia architettonica di Renzo Piano e l’eccentricità della leggendaria famiglia dei banchieri Morgan che per generazioni erano vissuti in questa palazzina sulla 36ª strada, a pochi passi dall’Empire State Building.
La Morgan Library and Museum - così si chiamerà adesso questa meravigliosa villetta a cui Piano ha aggiunto, fedele al suo stile, strutture in vetro e acciaio, leitmotiv dell’architettura contemporanea - si offre al pubblico con una luminosità gioiosa, un silenzio quasi sconosciuto in queste strade trafficate e un’apertura verso la città che solo Renzo Piano poteva apprezzare e sottolineare.
«I palazzi americani del potere e della cultura - ha spiegato l’architetto che ha progettato questo museo nei suoi atelier genovesi e parigini -, anche all’inizio del Novecento, erano stati la maggior parte delle volte costruiti in maniera tradizionale, traspirando sicurezza e solidità, rifacendosi a un passato desiderato ma inesistente, con un calderone di stili. Una bouillabaisse». Secondo Piano, questi palazzi newyorchesi esprimevano una certa timidezza, che aveva spinto gli architetti newyorchesi «a costruire edifici che scendono sulla strada in maniera egoistica, dimenticandosi del rapporto con la città».
L’architetto genovese, invece, non voleva far dimenticare al pubblico del Morgan Museum di trovarsi in mezzo a una città che pulsa oggi così come pulsava nella Gilded Age, l’età dorata degli anni Venti, quando i Morgan avevano ammassato le proprie fortune. La storia aleggia ancora in queste sale, collegate da quelle che Piano ha definito la sua «piazza» e dalla quale ci si inoltra lungo sei direzioni verso la biblioteca e sei gallerie.
Il modernismo angolare dell’architetto - che si era guadagnato la fama di bad boy da parte degli americani scandalizzando il mondo dei musei nel 1978 dopo aver trasformato il Centro Pompidou parigino in una specie di entertainment center - si mescola invece benissimo nella Morgan library, rispettando un’incredibile ed eclettica collezione che spazia dai disegni di Leonardo da Vinci ai quadri di Rubens, Degas, Schiele e Pollock. Da numerose lettere scritte da George Washington a quelle di Thomas Jefferson, da una delle copie originali della Bibbia di Gutenberg alla copia autografata delle liriche di Blowin’ in the wind di Bob Dylan, la collezione dei Morgan rispetta fedelmente l’eccentricità dei leggendari rubber barons di New York.
Renzo Piano ha aggiunto al palazzo in stile neorinascimentale con reminiscenze palladiane, fatto costruire dal banchiere Pierpont Morgan, una serie di padiglioni moderni e molto luminosi, che ospitano nuove strutture espositive e di servizi, oltre un nuovo auditorium sotterraneo. Metà delle sale sono state infatti faticosamente ricavate spaccando la roccia del sottosuolo di Manhattan e scavando fino a trenta metri in profondità. Un lavoro immane che ha coinvolto ben 1.300 viaggi dei camion di scarico. Un’opera che sarebbe senza dubbio piaciuta al banchiere J. P. Morgan, che negli anni Venti aveva chiamato Thomas Edison e gli aveva chiesto di trasformare la sua residenza nella prima casa privata di New York in possesso della luce elettrica. Una scommessa coraggiosa come tante altre nella storia di una famiglia a cui il capostipite, Pierpont, aveva lasciato in eredità la voglia di collezionare. Già a 14 anni Pierpont aveva dato vita a una delle più preziose collezioni private del mondo, cominciando nel 1852 dalle copertine della rivista Illustrated London News. Una collezione che oggi annovera opere di Michelangelo, Rembrandt, Rubens, Tiepolo, Cézanne e del Perugino. Tutte, a rotazione, da sabato prossimo saranno esposte al pubblico nelle tre vecchie costruzioni: la biblioteca originale disegnata nel 1906 da Charles McKim; l’Annex Building progettato nel 1928 da Benjamin Wistar Morris e l’ex casa di famiglia dei banchieri, rifatta negli anni Cinquanta da R. H. Robertson e nella quale Piano ha situato un ristorantino e una boutique. Ben poco è rimasto come una volta: un ascensore di vetro s’inerpica adesso lentamente verso una galleria dove è esposto anche un manoscritto di Lady Susan di Jane Austen.
«La maestria della luce per un architetto è l’equivalente dell’acuto di una cantante d’opera - ha scritto James Russell dell’agenzia Bloomberg.com - e Renzo Piano è riuscito nel suo intento di diffondere il sole in maniera eterea tra grate di metallo e giochi d’ombra». La scelta del vetro e dell’acciaio è stata anche applaudita dagli architetti di un paese che, a detta di Piano, «inizia ad accettare senza troppa vergogna i materiali dell’architettura industriale».
L’ampliamento di Piano, che raddoppia le superfici espositive, è di circa 7.600 metri quadri e comprende l’auditorium dove i concerti settimanali permetteranno a 250 persone di immergersi nel mondo dei Morgan.

Ma Piano pensa già ai prossimi lavori newyorchesi: il grattacielo che ospiterà entro un anno la redazione del New York Times, l’ampliamento del Museo Whitney, sulla Madison Avenue e il nuovo «villaggio» della Columbia university, che porterà il dinamismo e il rispetto architettonico di Piano in una Harlem destinata a diventare sempre più meta di dollari e turismo.

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