E il Piero a cavalcioni d'una sedia cominciò...

Lo scrittore di Luino per la prima volta si diverte a usare il dialetto lombardo

Luigi Mascheroni

Piero Chiara è morto il 31 dicembre 1986, trent'anni fa. Preso atto che narratori della stessa stoffa non se ne vedono da un pezzo, bisognerebbe festeggiare l'anniversario. E infatti, cosa ti tira fuori dai cassetti - e non è un'espressione metaforica - il suo vecchio amico nonché curatore letterario, Federico Roncoroni? Un bel racconto inedito, anzi un bellissimo racconto, stampato in una plaquette per pochi fortunati (Piero Chiara, La scommessa, Nastro editore, pagg. 72, euro 15), presentato ieri sera a Varese, e che oggi il Giornale, per gentile concessione dello stesso Roncoroni e dell'Associazione «Amici di Piero Chiara», pubblica integralmente. Un bel regalo, davvero.

E attorno a un regalo - un ferro da stiro elettrico che un simpatico perdigiorno di paese desidera donare alla moglie stiratrice - scivola via la storia della Scommessa, in perfetto equilibrio tra comicità e malinconia. Due campi in cui Chiara si muoveva da maestro.

Scritto, come ricostruisce Roncoroni, nei primi mesi del 1960, il racconto fu buttato giù di getto, dopo però una lunga gestazione orale. Capitava spesso - ad esempio col romanzo Il piatto piange - che Chiara prima di decidersi a mettere per iscritto le sue storie, le raccontasse a voce agli amici, stando seduto a cavalcioni di una sedia, come il protagonista della Scommessa, mettendole a punto attraverso diverse versioni, cercando di volta in volta la battuta migliore, le pause giuste, l'effetto più sorprendente. E sorprende, in più, sapere che il racconto (senza titolo: La scommessa è una scelta del curatore) si trova in un quadernetto sotto la dicitura «Il Boccaccino», che era una serie di racconti, progettati da Chiara ma mai realizzati, tra lo scherzo e la beffa, alla maniera delle novelle dell'amato Boccaccio. Un Boccaccio minore, naturalmente. Ma ugualmente vivo, reale e popolare.

Soprattutto per due motivi: la gran parte dello sviluppo dell'azione affidata ai dialoghi tra i personaggi (Roncoroni, da esperto, fa notare che si tratta del testo più ricco di sequenze dialogiche in tutta l'opera dell'amico scrittore) e la presenza, molto rara nei libri di Chiara (il quale però si divertiva a raccogliere i proverbi erotici lombardi), di espressioni dialettali. Più che mai azzeccate in una storiella come La scommessa. Leggera, realistica (se non reale), con un tocco licenzioso e uno nostalgico, e soprattutto irresistibile. Come è la grande narrativa di Piero Chiara.

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