RomaÈ tanta la soddisfazione, che ci si può permettere di essere persino compassionevoli: «Oggi Berlusconi è un uomo solo e, anche se può sembrare strano detto da me, mi fa molta pena».
Molta, ma non tanta certo da rinunciare a quel mezzo miliardo di euro che - forte di apposita sentenza giudiziaria - toglierà di tasca alla Mondadori del Cavaliere per trasferirlo nelle proprie. Daltronde, spiega Carlo De Benedetti, «Berlusconi ha passato gran parte della sua carriera imprenditoriale corrompendo», ed è dunque ora che paghi. Detto ciò, la soddisfazione delleditore di Repubblica stavolta non va attribuita a motivi bassamente materiali. È la soddisfazione tutta morale di chi vede alfine vicina la materializzazione di un sogno tante volte sognato, ma sempre frustrato, per quasi due decenni, da bruschi risvegli.
Ventanni dei quali lIngegnere salverebbe solo due cose buone: «Il governo Ciampi, lentrata nelleuro e nientaltro. Ma spero che qualcosa di nuovo arrivi dora in poi». Neppure una menzione positiva per i governi di centrosinistra, Prodi in testa (un cattivo presagio per lansiosa scalata del Professore di Bologna al Quirinale? Si vedrà): solo quellesecutivo tecnico di stampo azionista che fu guidato da Carlo Azeglio Ciampi, e che da editore e fondatore di Repubblica viene considerato un po una propria creatura. Era il 93: pochi mesi dopo si aprì la lunga parentesi berlusconiana. Ora De Benedetti ne intravede la fine, sullonda delle vittorie alle amministrative, e il ritorno di quellestablishment «buono» di cui si sente capofila nella stanza dei bottoni: «Da grandissimo comunicatore qual è - spiegava laltra sera, durante la presentazione di un libro in Piemonte, raccontata ieri da La Stampa - Berlusconi quando è sceso in campo ha prospettato agli italiani la realizzazione di un sogno, la possibilità di entrare in una società che era quella rappresentata dalla tv commerciale. E in molti hanno creduto nel mito».
Oggi «il sogno è svanito». Ma lIngegnere non concede nulla agli oppositori politici di Berlusconi, che vanno ancora tenuti sotto tutela: «Il Cavaliere cadrà per esaurimento del popolo italiano, non per merito dei suoi antagonisti». Le amministrative lo dimostrano: «Sono state le prime elezioni in cui ha votato una generazione di giovani che non è cresciuta con le tv e i giornali, ma con Internet. Se quelli che governavano le hanno senza dubbio perse, nessuno può dire di averle vinte».
De Benedetti ce lha in particolare con «i principali eredi del Pci», che a suo parere «hanno fatto un errore nel loro processo di rivisitazione, non riuscendo a compiere un reale salto nella modernità». Si sa che con i leader post Pci affezionati al «primato della politica» e riottosi a subire letero-direzione post azionista di Repubblica, DAlema in testa, non corre buon sangue. Anche se ieri lex premier ha avuto a disposizione unintera paginata di intervista per dire a Berlusconi di «togliere il disturbo». Al contrario di Bersani, DAlema non punta su elezioni anticipate: «questo non è un momento di ordinaria amministrazione», spiega, perché bisogna fare «scelte molto serie e importanti, ad esempio sulla finanza pubblica» e dunque serve «un governo di fine legislatura che possa fare qualcosa di utile per il Paese».
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