E Spinetta aspetta che cali la tensione

Silenzio del presidente francese dopo la rottura. Lufthansa: siamo interessati al mercato italiano ma tuttora nessuna offerta

da Milano

Jean Cyril Spinetta ha dedicato la sua giornata a questioni interne al suo gruppo, lontane dal dossier Alitalia. Non sono trapelati commenti del giorno dopo, e l’intento di Air France (più 2,4% in Borsa) sembra essere quello di far decantare le turbolenze delle ultime ore e di lasciar spegnere l’emotività che si è creata attorno alla vicenda. La situazione, dopo la rottura di mercoledì si è fortemente ingarbugliata.
Qualcuno, il giorno dopo, si è chiesto: ma è vera rottura? Congedandosi dai sindacati Spinetta ha detto: «Credo in questo progetto...». Non ha detto «credevo». È un indizio? Certamente Spinetta ha mostrato di non offrire margini di trattativa: al piano presentato nella prima riunione ai sindacati ha apportato modifiche modeste, non riedizioni. È escluso che possa ripresentarsi a Roma con novità di rilievo. Dall’altra parte, la proposta «irricevibile» scritta dai sindacati - che ruota sul concetto obsoleto di far rientrare dalla finestra lo stesso Stato che esce dalla porta - non può essere cassata come se niente fosse, senza esporre i rappresentanti dei lavoratori a un clamoroso dietro front. Chiaro che qualche nuovo spazio va trovato.
La domanda è la solita: e adesso che cosa può succedere? Il termine è stato spostato in avanti nuovamente. Prima era il 31 marzo, poi è diventato il 2 aprile. Adesso è stato posposto all’8. Cinque giorni dalle elezioni. Sarà la data ultima, oppure si preferirà rompere la corda? Silvio Berlusconi ieri sera ha ribadito che la cordata italiana ci sarà dopo lo stop ad Air France. A pochi giorni dal voto, con un impegno così forte da parte del candidato più accreditato alla vittoria, ha senso completare una trattativa che potrebbe rivelarsi in breve «politicamente scorretta»?
Di alternativa ce n’è una sola: l’amministrazione controllata. Decisione già indicata, implicitamente, dal consiglio di amministrazione di Alitalia nel suo comunicato di ieri sera. Che conseguenze e che significato avrebbe? Certamente quello di avviare, a condizioni completamente diverse, nuove trattative per la cessione - a quel punto - non più dell’Alitalia di oggi, ma di sue parti, secondo l’interesse dell’acquirente. Diverso il prezzo, a quel punto: ma soprattutto diversi gli interlocutori. Non più estenuanti confronti sindacali, ma un unico venditore con pieni poteri: il commissario. Lufthansa, della quale abbiamo riferito un rinnovato interesse per Alitalia anche attraverso la controllata Air Dolomiti, ieri ha fatto sapere di ritenere il mercato italiano molto interessante anche se «tuttora» non pensa a offerte. È su quel «tuttora» che si può chiosare: è una dichiarazione calata nel presente, e non nel futuro. L’interesse di Lufthansa, come quello di qualunque altra cordata, è di portar via Alitalia al minimo: in amministrazione controllata una società è in ginocchio, condizioni d’acquisto migliori non ci sono. Lufthansa, che in passato aveva motivato il proprio diniego con il timore di un abbassamento del proprio rating, deve fare i conti con un esborso «straordinario» che Air France non contempla: e cioè le penali per la rottura dei patti di partnership che legano Roma e Parigi, e per l’uscita dall’alleanza SkyTeam (Lufthansa fa parte di Star Alliance). Si tratta, in tutto, di 200-250 milioni. Ben più di quanto Air France non abbia offerto per le azioni.


Ma sia chiaro: se l’8 aprile il nuovo presidente Aristide Police dovesse passare il testimone al commissario, nessuno pensi che la cosa - per Alitalia, per i lavoratori, per i passeggeri, per il Paese - possa essere indolore.

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