Roma - Se siamo «davvero» alle «comiche finali» come annunciava giovedì Generazione Italia lo sapremo solo domani. Certo, se pure il laboratorio politico-culturale voluto da Italo Bocchino fa dell’ironia su quell’affondo che Gianfranco Fini lanciò al Cavaliere nel dicembre 2007, per poi rimangiarselo in tutta fretta e fondare il Pdl, significa che questa volta il presidente della Camera andrà dritto per la sua strada. Il discorso di Mirabello, d’altra parte, è già pronto e nero su bianco, anche se solo in pochissimi hanno potuto leggere il testo che sarà comunque limato e ritoccato fino a domenica pomeriggio.
Quel che è certo è che Fini non farà alcun passo indietro e ribadirà concetti e considerazioni di questi ultimi mesi. Non annuncerà un nuovo partito, ma tornerà a ripetere che è nelle cose se Berlusconi non si rimangerà la sua espulsione dal Pdl. Ed è qui uno dei nodi della partita, ormai molto più d’immagine che di merito. I due se solo potessero forse se le darebbero di santa ragione, ma il punto in queste ore è scaricare sull’altro la responsabilità di una rottura. Così, se il premier ripete che è Fini ad essersi messo fuori da solo dal partito, l’ex leader di An insisterà sul fatto di essere stato sbattuto alla porta in malo modo. D’altra parte, ragiona il vicecapogruppo del Fli Benedetto Della Vedova, «noi non abbiamo mai messo in discussione la lealtà al mandato elettorale sul piano della fiducia al governo ma ci siamo limitati a chiedere un confronto politico dentro al Pdl che evidentemente non si può fare». E sarà questo il senso del discorso che farà domani il presidente della Camera. Il Fli, per usare le parole del viceministro Adolfo Urso, «aspetta che Berlusconi ricucia lo strappo che ha determinato quando ha deciso di cacciare Fini». Ed è anche per questa ragione che la linea è quella di rispedire al mittente la riunione dei probiviri del Pdl per decidere il destino di Bocchino, Granata e Briguglio. Visto che, spiega Urso, «nessuno dei cosiddetti imputati si presenterà» perché «le idee non si processano».
Passata l’estate, insomma, il ballo della scopa va avanti. In attesa che la musica finisca e che finalmente qualcuno resti con il cerino in mano. Ecco perché Fini punterà su un intervento tutto politico nel quale delimitare in maniera chiara «i contorni entro cui muoversi». Che, parole di Bocchino, «restano ancorati politicamente e culturalmente al centrodestra». Ragione per cui il presidente dei deputati del Fli esclude «alleanze anomale con il centrosinistra» come paventato da una parte del Pd.
Il problema è che la lunga partita a scacchi tra Berlusconi e Fini passa per il ddl sul processo breve. Che, dando per scontata la bocciatura del legittimo impedimento da parte della Corte Costituzionale, farebbe da «scudo» al Cavaliere quando a ottobre del 2011 arriverà l’altrettanto scontata condanna per il caso Mills. Fini lo sa bene e, maligna un ministro vicino al premier, «anche lui come l’opposizione ha capito che l’unica via per far cadere Berlusconi è quella giudiziaria». Quindi? Picche sul processo breve.
Domani Fini affronterà la questione e rilancerà sul rischio che si svuotino le carceri e sul conseguente allarme sociale. Questione di cui i finiani si accorgono solo ora, visto che al Senato il provvedimento ha avuto il via libera di tutto il Pdl. Ovviamente c’è una strada alternativa, perché il Fli si guarda bene dal chiudere la porta.
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