da Milano
Quello che sta accadendo sui mercati finanziari in queste ultime settimane è qualcosa di veramente epocale. Nelle precedenti grandi crisi, infatti, a essere travolti erano sempre stati titoli appartenenti a specifici settori che, prima dello scoppio della crisi stessa, avevano visto correre oltre ogni ragionevole livello le loro valutazioni di Borsa. Era accaduto, per esempio, ai titoli tecnologici subito dopo lo scoppio della bolla della new economy nella primavera del 2000 e lo stesso si era verificato (e continua ancora oggi) per i titoli telefonici dal 2002-2003, cioè da quando si sono indebitati oltre ogni misura per acquisire a peso doro le licenze per lUmts (le trasmissioni mobili di nuova generazione rivelatesi in seguito molto meno remunerative delle attese).
In questa circostanza, la credibilità sta scuotendo la solvibilità delle banche che rappresentano le fondamenta del sistema. È del tutto evidente che in questo scenario tutti i parametri che in precedenza venivano utilizzati per le valutazioni e le analisi entrano in crisi e non permettono di diradare la nebbia dei mercati. Da metà luglio stanno scendendo praticamente tutti i mercati sia azionari (Wall Street, Europa, Asia e paesi emergenti), sia del reddito fisso legato alle società (in sostanza le obbligazioni emesse dalle aziende e quelle a cosiddetto «alto rendimento» ma con un basso merito di credito), sia delle materie prime (petrolio, metalli e beni agricoli). La ragione secondo gli esperti è legata al fatto che la crisi si sta avvitando: gli investitori che negli anni scorsi avevano utilizzato una grande leva finanziaria (cioè avevano moltiplicato tramite strumenti derivati i propri investimenti in azioni e materie prime) sono ormai costretti smontare queste posizioni. Anche a costo di vendere o persino svendere titoli di qualità.
Il problema è che, già i prezzi di Borsa di inizio ottobre apparivano molto attraenti eppure oggi viaggiano in molti casi su livelli inferiori di un ulteriore 15-20 per cento. A questo punto due sono le possibilità per i risparmiatori. La prima è quella di evitare tutto ciò che anche lontanamente sia parente con la Borsa (non solo azioni, ma anche etf e fondi azionari e bilanciati, certificati senza capitale protetto o garantito, index linked e unit linked), puntando quindi sugli strumenti del mercato monetario: essenzialmente i depositi bancari, i pronti contro termine o gli etf di liquidità.
La seconda, invece, è quella di cercare di approfittare delle molte occasioni di investimento che si stanno materializzando sulle Borsa internazionali purché però si abbia una tripla consapevolezza: non tutti i settori e i titoli sono attraenti; gli attuali prezzi delle azioni benchè sacrificati non sono una garanzia che nelle prossime settimane e mesi non siano toccati nuovi minimi; lacquisto deve essere fatto con un orizzonte temporale di quattro-cinque anni.
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