Ecco la clinica dove un parto su due è cesareo

C’è un’indicazione precisa data dall’Organizzazione mondiale della sanità che dal 1985 raccomanda di mantenere il numero dei parti cesarei sotto la soglia del 15 per cento (20 invece, secondo il ministero della Salute). Eppure, in Lombardia la percentuale raddoppia e arriva oltre il 30 per cento, a Milano sfiora il 31 per cento che tradotto significa che quasi la metà degli ospedali della nostra regione pratica un intervento chirurgico sulle donne, con picchi che superano il 40 per cento.
A lanciare l’allarme è l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda) che sottolinea come in Lombardia si sia passati dal 24 per cento del 2001 al 30 per cento (dato parziale) del 2009. La «patria» del cesareo è Brescia con il 38,7 per cento dei parti non naturali. Seguono Mantova (34,41%), Milano (31%) e subito dietro Pavia, Lodi, Lecco e Cremona con il 30 per cento, e chiudono la classifica negativa Bergamo, Varese, Sondrio e Como con il 25 per cento. Ma il record assoluto è di una clinica pavese, l’Istituto clinico Città di Pavia in cui più della metà dei parti è con taglio cesareo (54,5%). Staccati di diverse lunghezze, seguono l’ospedale Beato Matteo di Vigevano e l’Istituto clinico Città di Brescia (46,5%). Sopra la soglia del 40 per cento anche una delle «culle» del capoluogo lombardo: il Policlinico di Milano che conta 2.826 cesarei su 6.790 parti, il 41,62 per cento. Risultato che differenzia l’Irccs di via Sforza dalle altre grandi strutture lombarde che si mantengono generalmente tra il 22 per cento e il 32 per cento. «In Italia, la percentuale dei parti cesarei arriva al 38,8 per cento quando l’Oms raccomanda il 15 per cento e il ministero della Salute il 20 per cento - spiega Francesca Merzagora, presidente di Onda -. Le ragioni sono economiche, strutturali e anche di un utilizzo scarso dell’epidurale. Pochi ospedali offrono una terapia contro il dolore e le donne pur di non soffrire chiedono il cesareo». I medici invece lo fanno per questioni di opportunità, o perché le strutture ospedaliere sono troppo piccole e non sicure. Per promuovere l’informazione sul parto, l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna sta portando avanti una battaglia, passata anche dall’approvazione in Senato, di una mozione sull’appropriato ricorso al cesareo.

L’obiettivo è far sì che l’intervento chirurgico rappresenti l’eccezione a cui ricorrere in caso di necessità clinica nell’interesse di madre e figlio. «Quello che conta davvero è un impegno concreto di istituzioni, ginecologi, ospedali e donne. Servono campagne di informazione. Per questo abbiamo realizzato uno spot da diffondere sulle reti televisive».

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