"Ecco perché il concorso esterno non è reato"

L’intervista a Paolo Pittaro, esperto di diritto penale

Roma - Professor Paolo Pittaro, il sostituto procuratore generale della Cassazione Iacoviello, nella sua requisitoria precedente l’annullamento della sentenza Dell’Utri, ha dichiarato che al reato di concorso esterno in associazione mafiosa non crede più nessuno. È un’esagerazione?
«Personalmente credo che questa frase abbia un fondamento».

Il concorso esterno è un reato che è un «non reato»?
«È un reato che soffre di una certa dose di indeterminatezza. Parlare di un concorso esterno è difficile e quasi contraddittorio. Come può esistere un concorso se il soggetto non fa parte dell’associazione? A meno che non ci sia un favoreggiamento, ma in relazione a ogni singolo reato».

Il pg Iacoviello, sempre nella sua requisitoria, ha accusato i pm di Palermo e i giudici della corte d’Appello che hanno gestito il caso Dell’Utri di non aver mai fatto riferimento alla sentenza Mannino. Cosa significa?
«La sentenza Mannino sostanzialmente dice che non basta che un politico al momento dell’elezione esprima una certa vicinanza, o una disponibilità a esponenti mafiosi per configurare un concorso esterno. Deve esserci stato un contributo concreto da parte del politico. Deve aver fatto qualcosa per tenere in piedi l’associazione. Deve esistere un nesso di casualità e non solo di contiguità. E questo contributo concreto deve essere provato al di là di ogni ragionevole dubbio. Questo è il punto fondamentale a mio parere della decisione della Cassazione di annullare con rinvio la sentenza Dell’Utri».

Altrimenti, per dire, anche Frank Sinatra sarebbe potuto essere accusato, per il solo fatto di avere amici mafiosi.
«Le cattive amicizie sono moralmente condannabili ma giuridicamente devono avere delle prove. Il soggetto deve aver fatto qualcosa di specifico a favore dell’organizzazione».

Il concorso esterno quindi è ormai contestabile da molti punti di vista?
«È un reato creato dalla giurisprudenza e non dalla legge. La prima obiezione che molti muovono è se possa esistere il concorso esterno senza iscrizione all’associazione: il concorso o c’è, o non c’è, o si deve parlare di favoreggiamento, ma per delitti singoli. Il secondo, se il reato associativo è permanente, ossia dura nel tempo, come fa a essere compatibile con un contributo sporadico? Essendo poi un delitto, tutto deve essere supportato dal dolo, ovvero deve esserci stato un contributo per tenere salda l’associazione».

Ma anche qui servono le prove.
«Il pentito è una fonte notevole di prove, ma che deve essere suffragata da altre prove. Le indicazioni devono essere confermate. Questo non vale solo per il concorso esterno».

Crede sia giunto il momento di annullare o di rivedere questo reato?
«La mera disponibilità, l’appoggio che non si concretizza, non può allargarsi alla fattispecie del reato.

Ho forti perplessità sul concorso esterno, è un problema di garanzia per i cittadini, un discorso di legalità che non riguarda solo i politici. Oppure diamo una formulazione diversa al concorso, con determinati criteri definiti dal legislatore».

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