RomaSorride Gianfranco Fini dopo un faccia a faccia con Berlusconi dove non sono mancate le frizioni. È il presidente della Camera a spiegare i punti dellaccordo sullo spinoso tema della giustizia: nessun via libera alla cosiddetta prescrizione breve per cui tifava il Cavaliere; sì a processi veloci; ni allimmunità parlamentare; e la promessa di maggiori stanziamenti per la macchina-giustizia.
Sullipotesi - definitivamente sfumata perché «labbiamo esclusa», dice Fini - del taglio di un quarto dei termini di prescrizione per i procedimenti relativi a reati di non grave entità e con pena massima fino a 10 anni, la spunta il presidente della Camera. È Italo Bocchino ad ammetterlo in Transatlantico: «Fini ha evitato una soluzione che non sarebbe stata compresa dai cittadini». Troppo alto il rischio che lopinione pubblica leggesse la prescrizione breve come una sorta di amnistia ad personam, visto che avrebbe messo al riparo il presidente del Consiglio dai due processi in corso a Milano, Mills e diritti tv Mediaset.
Fini, tuttavia, concorda sulla strada di un disegno di legge parlamentare per garantire tempi rapidi per i processi. La maggioranza è ampia e il provvedimento - soltanto pochi articoli - potrebbe passare spedito, prima al Senato e poi alla Camera. Lo stesso presidente di Montecitorio conferma il metodo concordato con Berlusconi: «Si è ragionato sulla possibilità di presentare un ddl per definire tempi certi entro cui si deve svolgere il processo nei suoi tre gradi». Il tempo massimo sarà «entro sei anni». Due anni per il primo grado, due per lAppello e due per la Cassazione. La ratio della posizione dellex leader di An è quella già resa esplicita dalla presidente della Commissione giustizia della Camera e finiana doc, Giulia Bongiorno: lo Stato ha il dovere di celebrare i processi in tempi ragionevoli perché la lunghezza danneggia gli imputati che rimangono impelagati per anni in vicende giudiziarie e danneggia la collettività e soprattutto chi è vittima dei reati. Insomma, dice Fini, il processo lumaca «è una violazione del sacrosanto diritto del cittadini di vedersi garantita la giustizia».
Altro tema che sta a cuore a Fini e ai finiani: il rapporto con la magistratura. Con lobiettivo di scongiurare il muro contro muro, il presidente della Camera strappa una promessa al capo dellesecutivo, in termini di quattrini: «Ci siamo trovati concordi nel dire che il primo dovere del governo è quello di mettere a disposizione cospicue risorse finanziarie perché in molti casi la lentezza dei processi deriva da condizioni di forte disagio dei tribunali». Ma nel braccio di ferro tra i due si sono affrontate anche altre questioni, in primis quella dellimmunità parlamentare. Nulla osta a uneventuale resurrezione di questo istituto per evitare che alcuni magistrati politicizzati invadano il campo: «Si può discutere dellopportunità di reintrodurre limmunità. Unipotesi che non deve destare scandalo». Anche perché, spiega Fini, «mentre i parlamentari nazionali non godono dellimmunità, i parlamentari europei ne usufruiscono in quanto lUnione europea ha deciso diversamente. Si tratta di garantire che ci sia per il potere legislativo la possibilità prevista dalla Costituzione di agire in autonomia senza però limitare il diritto del potere giudiziario di indagare liberamente». Insomma, sarebbe possibile rimettere in campo uno scudo per i parlamentari, a patto che «non sia una sorta di impunità».
Sul tavolo pure la spinosa questione delle candidature per le prossime regionali anche se, dice Fini, «ne abbiamo parlato molto rapidamente. Trattandosi di candidature che riguardano anche il Nord e che quindi coinvolgono anche la Lega è opportuno rinviare la questione ai prossimi giorni con un incontro che vedrà coinvolto anche il presidente Umberto Bossi».
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