Cultura e Spettacoli

Ecco perché le pellicole «low cost» italiane spariscono subito dalle sale

Il «Giornale dello Spettacolo» censisce i «film fantasma» usciti nelle sale tra novembre e dicembre. Una decina di titoli che ha fatto solo 50mila euro di incasso. Sancassani (artefice del successo di «Il vento fa il suo giro») ammonisce: se mancano i soldi serve passione e fantasia

«Io? Lavoro tantissimo». Racconta Corrado Fortuna, lanciato da Paolo Virzì in My name is Tanino e ora divenuto uno dei volti più riconoscibili del nuovo cinema italiano. «L'unico problema - chiosa il giovane attore - è che molti dei film in cui lavoro non arrivano mai in sala. Al massimo il regista riunisce la famiglia a Natale e fa vedere il suo lavoro nel salotto di casa. È quello il momento di massima audience». Non arrivano a livelli di successo così infimi i «film fantasma» scovati e censiti dal Giornale dello spettacolo e pubblicati sull'ultimo numero della rivista. Certo è che questa nuova indagine sul riscontro commerciale di tante opere a basso costo offre un quadro altrettanto desolante. Per lo più i film citati in questa indagine al traguardo tanto ambito della sala cinematografica ci arrivano. Ma col fiato corto, tanto da scomparire nel volgere di 24 o 48 ore. E - soprattutto - senza lasciare testimonianza di sé non solo sulla programmazione ma anche nella comunicazione cinematografica e tra gli addetti ai lavori. Ed è per questo che si guadagnano il soprannome tanto infausto di «film fantasma». L'ultima onda che riguarda questa categoria comprende una decina di titoli. Si tratta perlopiù di opere prime e seconde, tutte produzioni a basso costo, uscite al cinema nel giro di poche settimane (se non di pochi giorni), a cavallo fra novembre e dicembre (un periodo effettivamente infelice per il cinema indipendente schiacciato com'è tra i grand blockbuster americani e i nostri cinepanettoni). I film sono Il pugile e la ballerina di Francesco Suriano (5.238 euro di incasso, secondo Cinetel); Ossidiana di Silvana Maja (1.813 euro); Le cose in te nascoste di Vito Vinci (2.598); Se chiudi gli occhi di Lisa Romano (12.559); Io non ci casco di Pasquale Falcone (71.271); Un attimo sospesi di Peter Marcias (7.029); Stare fuori di Fabiomassimo Lozzi (4.546); Padiglione 22 di Livio Bordone (914); Diari di Attilio Azzola (5.613). Il Giornale dello Spettacolo cerca di trovare una ragione di questa defait nella improvvida uscita contemporanea di titoli appena citati. «Questa programmazione - scrive la rivista - non ha aiutato nessuno, benché si tratti di un gruppo di film molto diversi fra loro, alcuni dei quali forti di partecipazioni ed anche capaci di conquistare riconoscimenti in festival internazionali». Le cose in te nascoste di Vito Vinci, ad esempio, racconta una vicenda drammatica che tocca argomenti di attualità come il precariato, la frammentazione, il tramonto delle ideologie. L'urgenza e l'attualità degli argomenti trattati, però, non ha aiutato la pellicola a fare breccia nel pubblico. «I film indipendenti - commenta Vinci - avrebbero bisogno di un tipo di lancio più meditato e studiato, invece arrivano in sala un po' casualmente. Ma soprattutto i film privi di nomi e di immediati richiami avrebbero bisogno di teniture sufficientemente lunghe per consentire lo sviluppo del passaparola. Inoltre, anche la stampa e i media in genere mi paiono assai meno interessati a scoprire e segnalare il nuovo, il diverso, l'emergente». «Dopo avere vinto il Gran Premio della Giuria al Festival di Annecy - aggiunge Lisa Romano - il mio film, Se chiudi gli occhi, sarebbe dovuto uscire in sette città. Invece il 28 novembre è uscito con due copie solo a Roma e a Genova. Nel primo week end di programmazione è andato molto bene, superando negli incassi anche film distribuiti con 30/40 copie. E, tuttavia, non avendo alle spalle una distribuzione forte, dopo una settimana è stato smontato e da allora se ne sono praticamente perse le tracce. Credo che lo Stato dovrebbe difendere maggiormente i film che ha contribuito a realizzare». «Il fatto è che per i film piccoli, che hanno budget di promozione fatalmente limitati e qualche volta inesistenti, bisogna inventarsi qualcosa di specifico - ammonisce Antonio Sancassani, esercente del cinema Mexico di Milano dove, l'anno scorso, Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti ha avuto uno straordinario successo, diventando un caso nazionale -. Il successo de Il vento fa il suo giro è frutto di una tenitura lunghissima e di una serie di specifiche iniziative, reiterate nel tempo. In questi giorni la mia sala propone un'altra opera prima: Mar Nero di Federico Bondi. Anche in questo caso abbiamo organizzato qualcosa di speciale: un'anteprima con la partecipazione del regista e delle due protagoniste, abbiamo offerto dolci rumeni e abbiamo coinvolto il consolato rumeno. I risultati ci stanno dando ragione.

Insomma, se si lavora con un certo tipo di pellicola si tratta di sostituire i soldi che mancano con la passione, la fantasia, le iniziative».

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