Ecco il più astratto dei manieristi La sua arte non racconta, teorizza

Ecco il più astratto dei manieristi La sua arte non racconta, teorizza

e Federico Zuccari rappresenta l'elaborazione formale del linguaggio manieristico dello spirito della Controriforma e quindi il mondo figurativo cui si contrappone Caravaggio con il suo linguaggio nuovo, naturalistico e irruento, il Cavalier d'Arpino, la cui posizione non è dissimile da quella dello Zuccari, assume a posteriori un ruolo diverso come cerniera dei due mondi, avendo avuto nella sua bottega proprio Caravaggio, appena arrivato a Roma. Caravaggio lascia Peterzano, manierista tizianesco e i successivi capricci dell'Arcimboldo, per cercare fortuna a Roma, dove entra nella bottega dell'esigente maestro.
Il Cavaliere è un pittore che vede tutto, e ne offre una sintesi assai originale e potentemente geometrica. È così lontano dalla realtà, e anche dall'impulso del racconto, che può essere, con buona ragione, considerato un pittore astratto.
Nessuna concessione naturalistica, ma anche nessuna descrizione aneddotica, è contemplata nella sua idea della pittura. In questo Cavalier d'Arpino è anche mentalmente più lontano da Caravaggio dello stesso Zuccari, che certamente lo seguì ammirato, pur non condividendone alcun principio, a partire dal senso di gerarchia fra gli uomini. Tutti uguali per Caravaggio, tutti protagonisti per Caravaggio; sottoposti alla legge di Dio e degl'uomini, in gerarchie che si rispecchiano anche nella concezione artistica, per Federico Zuccari. Il Cavalir d'Arpino, più giovane, incrocerà lo Zuccari all'Accademia di San Luca e lavorerà dopo di lui a Trinità dei Monti (1585). Tra 1589 e il 1593 lo troviamo a Napoli per affrescare il coro della Certosa di San Martino e la volta della sacrestia. Caravaggio sarà nella sua bottega tra il 1595 e il 1596 e si affermerà così rapidamente da succedere al Cavalier d'Arpino nella decorazione della cappella Contarelli in San Luigi dei Francese.
Ma per il Cavaliere l'impresa della vita sono gli affreschi del Palazzo dei Conservatori, il Ritrovamento della Lupa del 1596, la Battaglia tra romani e i veimenti nel 1597, il Combattimento tra gli Orazi e i Curazi del 1612 e, molto più avanti, il Ratto delle Sabine, la Fondazione di Roma, l'Istituzione della Religione dal 1635. Ma già in apertura di secolo assume l'incarico più prestigioso, i mosaici per la Cupola di San Pietro in Vaticano, di cui predispone i cartoni. La concezione del Cavalier d'Arpino resta fedele al classicismo raffaellesco, soprattutto nelle evoluzioni dell'ultimo tempo, dallo Spasimo di Sicilia alla Trasfigurazione, codificandone le forme in una cifra allungata, geometrizzante, potentemente sintetica e programmaticamente irrealistica. Cavalier d'Arpino ha coscienza piena della forma, ma rifugge da ogni descrittivismo e naturalismo distanziandosi sia da Zuccari sia da Caravaggio. Cavalier d'Arpino non narra, teorizza.

È il più astratto dei pittori manieristici, e resta tetragono in questa sua visione in pieno Seicento, indifferente a tutte le variazione del caravaggismo e a Bernini, in sintonia soltanto con la traduzione delle sue forme algide e rigide in quelle idealizzate di Guido Reni.
Ammirandone il rigore, possiamo considerare il Cavalier d'Arpino un pittore concettuale che traduce programmaticamente in immagini le verità della fede.

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