Ecco tutti gli errori della triade blucerchiata

(...) La deve smettere di dire che è finito un ciclo, che Novellino sbaglia, che Garrone ha fatto male a fare la sua battaglia contro il Palazzo». Credo che questa posizione sia la migliore per continuare nella striscia negativa di sconfitte e dimostri la volontà di chiudere occhi, bocca e orecchie nei confronti di quello che sta succedendo alla Sampdoria. Ma la rispetto, come tutte le posizioni. Anche se, sinceramente, non credo che parlare di «sfiga» sia un grande argomento tecnico-tattico per riportare i blucerchiati alla vittoria.
Secondo tifoso. Mi si avvicina un signore grande e grosso, gentilissimo, che mi porge la mano. Oddio, l’approccio non è dei migliori: «Caro Lussana, glielo confesso, lei mi stava proprio antipatico». Pausa, terrore. È davvero un pezzo d’uomo. Ma è anche un pezzo di pane e di onestà intellettuale: «Però, me lo lasci dire, lei è stato l’unico a dire certe cose qualche mese fa. E, purtroppo, aveva ragione». Stretta di mano, quasi a stritolare la mia. E, credo, un’amicizia nata in quel momento.
Altro lato del Bisagno, sul ponte. «Caro Lussana, se domani critica Novellino in televisione, le pago il caffè». Non è l’unico, anzi è il primo di una lunga serie di gentilissimi tifosi. Potrei aprire una torrefazione. Anche se, per il bene della Sampdoria, avrei preferito andare avanti a tisane.
Ultimo crocicchio di tifosi. «Caro Lussana, quest’anno le ha azzeccate tutte. Purtroppo». Non mi resta che rispondere «purtroppo» anch’io.
La cosa grave e che le ho azzeccate tutte, purtroppo, perchè in qualche modo il calcio è una scienza esatta. Perchè basta guardare le cose senza faziosità e senza essere accecati dall’ignoranza calcistica, dal tifo o peggio per accorgersi di alcune cose. Spesso non è malafede: qui a Genova c’è ancora gente davvero convinta che Bellotto fosse un buon allenatore. Quello che a Venezia non faceva giocare un genio del calcio come Amantino Mancini. Detto tutto.
Le cose che sto per raccontare, i lettori del Giornale di Genova e della Liguria le sanno quasi a memoria e mi scuso se le ripeto, per rinfrescare la memoria a tutti:
1) la battaglia di Garrone contro il Palazzo; la sua reiterata minaccia di non giocare contro le grandi; la compagnia di cui si è circondato, a partire da quel Diego Della Valle che ha dimostrato una volta di più la sua caratura a Vicenza al convegno di Confindustria; le diffide spedite a Mediaset, che hanno ricevuto a stretto giro di posta risposte pesanti e sacrosante; i toni un po’ seccati con cui ha affrontato le critiche...Ecco, tutto questo ha annullato parte del capitale di simpatie che la Sampdoria ha accumulato negli anni grazie ai suoi colori e alla gestione straordinaria di Paolo Mantovani. E ora, attorno ai blucerchiati, c’è terra bruciata. Tanto più pericolosa per una società che non investe su propri giocatori, ma è abituata a vivere di prestiti gratuiti o di svincolati. Ergo: Garrone - che ha salvato la squadra e merita eterna gratitudine, per definizione, e a cui abbiamo sempre riconosciuto i suoi meriti - quest’anno non è stato il migliore dei presidenti possibili, come qualcuno continua a dire.
2) Beppe Marotta aveva fatto una campagna estiva straordinaria, che aveva portato a Genova due giocatori per ruolo. Poi, ha iniziato a sbagliare: è stato lasciato andar via incredibilmente Delvecchio dopo una settimana di ritiro; è stato lasciato partire Borriello dopo che Bonazzoli era già infortunato e il recupero completo di Bazzani era soltanto un’ipotesi; si sono lasciate incancrenire le situazioni legate al rinnovo dei contratti; non si sono difesi patrimoni della società come Zauli, Zamboni o Mingozzi; si è messa la firma sotto un mercato di gennaio ai confini dell’incredibile: Iuliano, reduce da stagioni a Maiorca e si direbbe solo omonimo dell’ex Nazionale, già di per sè non irresistibile; Marchesetti, in cui si credeva talmente poco da fargli un contratto semestrale a 22 anni; Colombo che già si conosceva e che non ha alcuna colpa, se non quella di essere stato caricato di responsabilità che non sono sue. Come si può chiedere a un giocatore che non ha mai segnato tanto di prendersi sulle spalle il peso dell’attacco?
Possibile non aver pensato a Bucchi, capocannoniere in B? Costava troppo? E a Zampagna, in rotta col Messina? A Bernacci del Cesena? E a Cavalli che ha sì fallito a Reggio Calabria, ma si sarebbe integrato bene negli schemi di Novellino? Siamo proprio sicuri di trovarci di fronte al miglior direttore sportivo possibile? Siamo proprio certi che la politica delle triangolazioni con Milan, Bologna, Atalanta, Reggina e poche altre sia la migliore possibile? Domande.
3) Novellino. Continuo a ritenere che sia uno dei migliori tecnici d’Italia, che ha fatto miracoli con una formazione non eccelsa come la Sampdoria degli scorsi anni, portata ad un passo dalla Champions. Obiettivo fallito solo per la miopia di chi non ha capito che sarebbe bastato spendere mezzo milione di euro per una punta migliore di Rossini che ne avrebbe fatti incassare dieci di diritti televisivi per la Champions. Geniale, no?
Ma quest’anno Walter, che continuo a considerare un grande uomo, ha fallito. Colpa degli infortuni, certo. Ma la ricerca di scuse (che ha accomunato lui, Marotta, Garrone e gran parte della stampa) non fa un grande tecnico. Oltre agli infortuni, abbiamo sentito, nell’ordine, la sfortuna, il campo, la doppia partita settimanale, varie ed eventuali. Se non si sa vincere, almeno per cinque settimane consecutive, bisogna almeno saper perdere.
Così come sono state un gravissimo errore le polemiche con i giornalisti e il prendere male le critiche. Perchè certe reazioni stizzose? Perchè l’allontanamento di un cronista del Secolo XIX dalla sala stampa, nell’acquiescenza di tanti altri? Diamo atto a Marcello Zinola, amico e segretario del sindacato dei giornalisti liguri, con cui siamo spessissimo in disaccordo, di essere stato l’unico a intervenire puntualmente ogni volta che qualcuno provava a mettere i piedi in testa ai giornalisti. Avesse la maglia blucerchiata o quella rossoblù. Quindi, in un mondo di doppiopesisti calcistici, tanto di cappello a Zinola.
Certe reazioni, sono una prova di debolezza, non certo di forza. Non fanno un grande tecnico. Così come non fa un grande tecnico il fatto di giocare sempre con lo stesso modulo e sempre con gli stessi uomini. Perchè giocatori come Mingozzi o come Zamboni sono stati messi ai margini della rosa? Perchè non provarli dopo le buone prove in coppa Italia con il Cagliari e, per Zamboni, i pochi minuti di Udine in cui è naufragato sì, ma insieme a tutto il resto della squadra? Perchè bocciare Foti dopo la partita con l’Ascoli - fallimentare per tutti, non certo solo per Foti - e metterlo in campo solo in situazioni ormai compromesse? Perchè togliere Gasbarroni e Tonetto domenica quando erano i migliori in campo? Perchè non puntare sui giovani, su Mingozzi e Foti, per l’appunto, ma anche su Soddimo o Bastrini o Arnulfo? Perchè Spalletti con la Roma deve fare a meno di decine di infortunati e fa giocare titolari sedicenni o diciottenni con moduli sempre nuovi e Novellino insiste sempre sugli stessi?
Perchè nessuno, se non a Gradinata Sud dove non si fanno sconti, fa a Novellino queste domande? Ecco, questa è la più bella delle domande.
4) La squadra. Qui, ci vorrebbe uno speciale. Ma credo che la sopravvalutazione di molti giocatori, dal Diana di quest’anno a Pisano, a Palombo, discreto calciatore, ma certo non Maradona, abbia fatto il resto. Continuare a dire e a dirsi quanto sono belli, bravi e buoni i blucerchiati non è stato certo un atto di amore nei confronti della squadra. Palombo rimane Palombo. E Emerson resta Emerson.
Insomma, non resta che aprire gli occhi.
Fare pulizia di tanti finti amici della Sampdoria capaci solo di dire che tutto va bene, senza un minimo di sano realismo o autocritica. Prendere atto che un ciclo è finito. Che per il bene di Novellino e del Doria è giusto che le loro strade si dividano quanto prima, come si sono divise quelle di Capello dal Milan e di Lippi dalla Juventus. Non illudere i tifosi dicendo che si gioca per vincere qualcosa di importante o per migliorarsi, quando poi l’obiettivo massimo è la salvezza.
Oggi dicono persino loro, persino quelli che reagivano con arroganza o spocchia quando noi voci isolate azzardavamo che un ciclo era finito, che quel ciclo era finito. Complimenti. Ma non avrebbero fatto prima a leggersi il Giornale di Genova e della Liguria? O, forse, spendere un euro in questo modo avrebbe intaccato la gestione morigerata della società?
Credo che ora occorra essere realisti. Prendere atto che anche l’Intertoto sta sfumando, che se si continua così la serie B è lontana ma non troppo (attenzione, prima di montarci sopra un bel dibattito. Ho detto: «Se si continua così») e che bisogna dire la verità. E cioè che, se si vuole continuare a non investire - a proposito, che come sono stati usati i soldi per la cessione del marchio? è una curiosità dei tifosi - bisogna mettere in conto una squadra che punti alla salvezza, niente di più. Non è un dramma, basta saperlo prima.


E, a quel punto, finalmente bisognerà puntare sui giovani, guardare all’estero, uscire dal giro dei parametri zero. E cambiare tecnico. I miei candidati, l’ho detto e lo ripeto, sono Castori e Gadda, che stanno portando il Cesena in A dalla C. Un miracolo ancor più grande della Samp in Uefa.

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