Economia del Mare Le imprese: «Strangolati dalle tasse. Basta o si chiude»

«Abbiamo voluto organizzare questo 1° Forum Nazionale dell’Economia del Mare perché vogliamo che lo Yacht Med Festival di Gaeta diventi un laboratorio in cui operatori e professionisti dell’area mediterranea si confrontino per fare del settore un efficace strumento di sviluppo». Così Vincenzo Zottola, presidente della Ccia di Latina, all’apertura dei lavori. Ma subito dopo Renato Mannheimer gela gli operatori presenti in sala. La sua indagine disegna un quadro inquietante: il 75% degli intervistati non crede nelle capacità di ripresa del settore, mentre solo il 6% è convinto che si andrà verso un miglioramento nei prossimi 12 mesi. Le cause? Pressione fiscale insopportabile al primo posto. Il 29% delle imprese è convinto che bisogna puntare sul settore turistico e incentivare quello legato al mare, il solo in grado di poter dare la spinta decisiva per uscire dalla crisi. Un quarto delle aziende ritiene poi fondamentali il rilancio della cantieristica commerciale, la riforma normativa e organizzativa per sostenere la nautica da diporto e crocieristica e gli investimenti in nuove infrastrutture. A rappresentare il governo, il capo di gabinetto del ministro Piero Gnudi, Giuseppe Greco, e il direttore generale per le politiche di internazionalizzazione e della promozione degli scambi del ministero dello Sviluppo economico, Pietro Celi. Hanno preso appunti per conto dei loro capi. Chissà se Monti avra tempo di dare una sbirciatina. Fuori da questa sintesi, malcontento, rabbia e un dato di fatto: Stato e imprese parlano lingue diverse. Quotidianamente, Monti & Napolitano ci ricordano che «non esistono deroghe al rigore». Dicono che repetita iuvant. Ma fa venire l’itterizia. «Rigore sia - rispondono le imprese - ma valga anche per spesa pubblica e privilegi». Se il Professore avesse il coraggio di intervenire con decisione, gli italiani - al netto di qualche milionata di parassiti - chiederebbero la sua beatificazione. Se è vero che i professori sono stati chiamati per gestire l’emergenza, ricordino che la prima emergenza di questo Paese è rappresentata dalla spesa pubblica scellerata e dalle pubbliche mangiatoie. Gli italiani, è vero, hanno fatto saltare il banco della politica. Ma ora sono disorientati. La pazienza è finita. Tutta la marineria (un settore da 40 miliardi di euro) si sente oppressa da uno Stato di polizia fiscale.

Come altri settori non chiede aiuti ma, più semplicemente, «che lo Stato ci lasci lavorare come sappiamo». C’è chi resiste, c’è chi chiude. E chi si mette un cappio al collo. Forse, stando all’indagine condotta da Renato Mannheimer, il peggio deve ancora arrivare.

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