Dopo otto interminabili ore di riunione l'ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, ha annuciato: «Oggi abbiamo approvato il progetto con Etihad, il consiglio di amministrazione si è espresso assolutamente a favore della proposta che abbiamo ricevuto da Etihad. Io e il presidente, Roberto Colaninno, abbiamo avuto la delega per approfondire i temi e arrivare alla stesura del contratto in tempi rapidi». Quanto poi al nodo della trattativa con le banche, «sta andando avanti nella direzione giusta ma ci vuole tempo - ha sottolineato - perché è un importo importante, ma è stata percepita chiaramente la volontà di arrivare a una soluzione».
Ma la vera sorpresa è che non sono state divulgate ufficialmente le perdite del 2013, approvate dallo stesso consiglio. È vero che Alitalia non è una società quotata, ma la sua visibilità ha sempre reso opportuna la massima trasparenza: è quel principio «di sistema» che viene continuamente richiamato. La verità è che nel 2013 Alitalia c'è una perdita record: oltre 500 milioni di euro. L'atto di tenerla nascosta è un segreto di Pulcinella, visto che dopo l'approvazione in assemblea (il 29 giugno o il 25 luglio prossimo) il bilancio diventerà pubblico. Forse i vertici di Alitalia non si rendono conto del boomerang mediatico che hanno innescato, perché nella percezione comune chi nasconde ha qualcosa da coprire.
Forse si teme che il risultato-monstre possa risultare fuorviante: infatti, secondo indiscrezioni, l'attività aeronautica sarebbe stata in linea con l'anno precedente, quando registrò un rosso di 280 milioni; agli oltre 500 si arriva con una serie di accantonamenti e di svalutazioni, per 233 milioni - unica cifra divulgata - ritenuti necessari in preparazione delle future strategie; per fare, in parole povere, una pulizia primaverile e presentarsi all'appuntamento con il nuovo partner in modo dignitoso. Viene da pensare che solo la prospettiva dell'ingresso di Etihad evita di portare i libri in tribunale.
Anche nel 2012 le perdite erano state pesanti; il pareggio, che all'inizio era stato fissato per il 2011, tante volte è stato rinviato. Eloquenti, a questo proposito, le parole pronunciate da Colaninno poco più di un anno fa, quando disse testualmente: «Confermo e ribadisco l'obiettivo di budget che la compagnia si è data quest'anno: il raggiungimento del pareggio operativo alla fine del 2013 con una costante attenzione alla liquidità che deve mantenersi sempre sostenibile».
L'obiettivo era stato sempre mancato, anche in precedenza. Alla fine del 2011 Colaninno e l'allora amministratore delegato Rocco Sabelli avevano annunciato forti progressi. Il presidente disse: «Missione compiuta, nonostante le critiche durissime e lo scetticismo di molti». Sabelli gli fece eco: «Il pareggio è una realtà e i conti 2012 saranno in attivo». L'esercizio 2012 ha chiuso con perdite per 69 milioni. Sabelli se n'è andato poco dopo, forse intuendo che le cose non potevano essere raddrizzate. La compangia fu affidata ad Andrea Ragnetti, manager con un buon curriculum nel marketing, durato meno di un anno e autore di alcuni errori, a cominciare dalla tariffazione rigida dei voli Linate-Fiumicino, che allora erano il principale asset della compagnia. Nel 2012, come detto, la compagnia ha perso 280 milioni.
Nei primi quattro anni di attività, considerando anche le spese di avvio del 2008, Alitalia ha bruciato quasi un miliardo di euro. Se ora aggiungiamo i 500 milioni del 2013, si può capire come la somma delle gestioni che si sono succedute non sia stata all'altezza del compito.
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