L'allarme sulle piccole banche lanciato ieri dal governatore Ignazio Visco e i nuovi risvolti del caso-Carige (che proprio da Bankitalia hanno avuto origine) hanno terremotato ieri il panorama bancario, già alle prese con le difficoltà del Monte dei Paschi di Siena.
«Serie difficoltà colpiscono solo una manciata di istituti di dimensioni medio-piccole», ha detto ieri il governatore precisando che «gli episodi illeciti sono rilevanti ma circoscritti». Il caposaldo, tuttavia, è solo uno: «Ogni mancanza di capitale si dovrà coprire col ricorso al mercato». Una dichiarazione di intenti che prefigura come il cambiamento degli assetto societari e manageriali del mondo italiano del credito sia destinato a proseguire. Anche tumultuosamente.
E proprio da Genova sono arrivati i primi riscontri dell'incisività dell'azione di Palazzo Koch. La Procura che ha aperto un fascicolo senza indagati, proprio sulla base dei rilievi di Via Nazionale (che da novembre ha passato al setaccio 20 istituti). L'aumento di capitale da 800 milioni di Banca Carige potrebbe «non essere risolutivo stanti l'avverso contesto e l'insoddisfacente situazione tecnica e di governo». Il presidente uscente, Giovanni Berneschi, è stato rimosso dall'azionista Fondazione Carige, proprio perché voleva realizzarlo, quell'aumento, mentre per non diluirsi l'ente avrebbe preferito recuperare 800 milioni solo attraverso dismissioni.
Dal verbale ispettivo di Bankitalia emergerebbe che Carige ha acquistato Btp a debito per 7 miliardi senza le dovute valutazioni e senza considerare i rischi connessi e all'utilizzo di derivati di copertura. È quanto scrive la Bankitalia nel verbale ispettivo. «Sono state prese, senza compiute valutazioni, cospicue posizioni a leva su titoli di Stato domestici (quasi 7 mld di euro)». Senza contare i 4,2 miliardi di crediti problematici che comprendono alcune erogazioni troppo «generosi» nei confronti di alcuni clienti top. Ieri Carige ha perso il 4,37% in Borsa.
Il governatore Visco ha rovesciato le convinzioni dell'opinione pubblica: lo scenario non è preoccupante (anche se il verdetto spetterà agli stress test dell'Eba) e, soprattutto, sono le piccole banche a creare grattacapi. Basta guardare Banca Marche (in gestione provvisoria): 760 milioni di perdite in un anno e mezzo e 4,75 miliardi di crediti problematici. Palazzo Koch vuole 400 milioni di aumento. Si è già costituita una cordata locale composta, tra gli altri, da Francesco Merloni e da Diego Della Valle.
Nelle Marche c'è anche Tercas (commissariata da oltre un anno) che è andata in crisi per 500 milioni di affidamento a un immobiliarista e che è in predicato di essere salvata «attraverso» il gruppo Creval (ieri -5,9%) con un'iniezione di 100-150 milioni. Considerando anche le piccole banche, la necessità di nuovo capitale nel sistema è di circa 5 miliardi, metà dei quali ascrivibili a Mps (-4,81% alla vigilia del cda sulle modifiche al piano industriale).
Le big del credito, tuttavia, non sono completamente immuni al virus del cliente superaffidato. Ad esempio, Intesa nella semestrale ha iscritto da «ristrutturati» a «incagli» 1,2 miliardi prestati alla Carlo Tassara di Romain Zaleski.
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