È buio pesto sul futuro dell'Ilva, la cui vendita resta ferma al palo. E Invitalia scende nuovamente in campo sul dossier di Taranto facendo riaffiorare ipotesi di nazionalizzazione. La società, controllata dal ministero dell'Economia, per voce dell'ad Domenico Arcuri si è detta «sempre pronta a intervenire». Già protagonista in diverse soluzioni di crisi, da Embraco ad Alcoa, Invitalia era stata contattata dal precedente governo come partner di una newco che avrebbe assorbito i dipendenti Ilva che non sarebbero passati alla cordata guidata dai franco-indiani di Arcelor Mittal: circa 1.500 addetti (su 4mila esuberi) avrebbero dovuto essere trasferiti a una nuova società di servizi denominata «Società per Taranto» costituita da Ilva e Invitalia. Questa stessa avrebbe poi dovuto individuare «soluzioni per dare prospettive stabili a tempo indeterminato ai lavoratori rimasti in carico all'amministrazione straordinaria». Qualora a 12 mesi dal termine previsto per la realizzazione del piano ambientale e industriale fossero rimasti lavoratori senza prospettiva occupazionale stabile, Invitalia si sarebbe impegnata «ad individuare ulteriori soluzioni in grado di dare prospettive occupazionali stabili a tempo indeterminato». Una carta che riemerge ora, nel momento più drammatico della vicenda Ilva, e che il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, potrebbe giocarsi qualora la trattativa con Arcelor «fallisse» o le sue vere intenzioni sull'Ilva andassero verso una statalizzazione.
Di Maio non l'ha, infatti, mai esclusa e la guerra di posizione che ha ingaggiato con Arcelor potrebbe avere questo obiettivo finale. Anche ieri, il ministro ha temporeggiato chiamando in causa nuove priorità. Nell'incontro - tenutosi al Mise all'indomani dell'avvio di un iter che potrebbe far saltare l'intera gara -, Di Maio ha ammesso che Arcelor ha presentato «un'offerta migliorativa su Ilva che contiene passi avanti sul piano ambientale». Tuttavia, ha sottolineato, «non su quello occupazionale, ritenuto dal governo italiano ancora non soddisfacente». L'incontro ha aggiunto - è servito a prendere atto di questi miglioramenti. Arcelor «non vuole che l'addendum sia reso pubblico perché hanno paura dal punto di vista della concorrenza che le informazioni possano essere prese da altre aziende in competizione, ma si sono impegnati a raccontarlo a tutti gli stakeholder».
Il pressing del governo sul nodo ambientale si sposta ora dunque sul fronte occupazionale. Come in una partita a scacchi ognuno fa la propria mossa e Arcelor Mittal non ha intenzione di «mollare». D'altra parte, il gruppo di cui è vice presidente Matthieu Jehl, sa di poter ingaggiare una pesante causa contro lo Stato italiano se fossero messi da parte. Avendo probabilmente dalla propria parte anche il parere di Bruxelles che, a maggio, si era espressa sull'operazione. Così, dopo l'incontro con Di Maio il big dell'acciaio ha rimarcato di aver preso parte a gara Ilva «in buona fede», auspicando di poter completare presto l'acquisizione dell'acciaieria di Taranto.
«Possiamo confermare di aver incontrato il ministro Di Maio per discutere le nostre ulteriori proposte che riflettono il nostro impegno nel recupero di Ilva, affrontando in particolare le sfide ambientali e sociali», si legge nella nota dell'azienda siderurgica nel silenzio dei sindacati che hanno espresso (con la Uil) insofferenza per la crescente incertezza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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