Hanno alzato troppo e troppo in fretta i tassi di interesse? È questo il dubbio che sta assalendo i trader e gli operatori finanziari ed è la ragione per cui gli indici azionari internazionali hanno subito innestato la marcia verso un rialzo che li ha portati un poco lontano dal punto di non ritorno. In realtà io vorrei aggiungere se il problema non è forse quello di averli tenuti bassi per troppo e per troppo a lungo ma in questi casi io non sono nessuno e quindi è bene che stia zitto. A me pare, e poi concludo, che quello che sia successo negli ultimi anni sia roba da matti punto e a capo. E quindi quando tiri troppo l’elastico da una parte devi stare attento che ti rimbalza in faccia.
Dobbiamo chiarire che quando una banca centrale aumenta i tassi di interesse ci sono dei ritardi naturali nella trasmissione della politica monetaria. In altre parole non è come un videogioco che il banchiere centrale pigia il pulsante aumenta i tassi e l’inflazione immediatamente cala come se avesse sparato ad uno zombie. Si discute di quanto siano i ritardi.
Il Fondo monetario internazionale ha scritto nel suo ultimo bollettino mensile sulle prospettive economiche mondiali che le variazioni dei tassi di interesse hanno il loro massimo effetto sulla crescita in circa un anno e sull'inflazione in tre o quattro anni. Quando l'ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker è entrato in carica nell'estate del 1979 e ha spinto rapidamente i tassi di interesse a circa il 20%, ha causato una recessione quasi immediata, ma l'inflazione ha impiegato circa tre anni per scendere a livelli gestibili.
Gli effetti del post Covid
Una rassegna del 2013 di Tomas Havranek e Marek Rusnak della banca centrale ceca di dozzine di studi accademici ha concluso che nelle economie avanzate il massimo impatto sull'inflazione di un aumento dei tassi richiede dai due ai quattro anni.
Questo significa che la massa monetaria messa in circolazione nel post Covid continua a produrre i suoi effetti mentre gli aumenti dei tassi di interesse fatti negli ultimi mesi sono ancora lontani dal combinare qualsiasi cosa.
Se guardiamo i fatto macro attuali vediamo che in realtà dopo una piccola contrazione nel primo semestre l’economia USA nel terzo trimestre è cresciuta del 3% e l’Europa segue a ruota con una disoccupazione che è ai minimi storici e con costi energetici che sono volati alle stelle.
Nel grafico che segue le previsioni GDP USA del terzo trimestre che sono stabilmente al 3%:
E il tasso di disoccupazione USA (linea blu scura) che si aggira sui minimi da tempo immemorabile ormai:
Ma che la situazione sia eccezionale di qua e di là dell’Atlantico lo testimonia questo grafico:
I banchieri centrali ora si trovano nella difficile situazione di decidere se continuare ad alzare i tassi di interesse e correre il rischio di vedere sprofondare le economie nei prossimi anni perché il costo del denaro diventa improponibile oppure di lasciare vivacchiare l’inflazione all’ombra della loro indecisione senza schiacciarle la testa subito.
Ma ci sono altri mille problemi correlati: il primo è che conta quello che fanno le banche centrali, ma conta anche quello che i mercati pensano che le banche centrali facciano e quindi non aumentare i tassi potrebbe essere presto a pretesto per una caduta di credibilità delle banche centrali nella lotta all’inflazione. Inoltre tra l’azione di una banca centrale e i risultati della lotta all’inflazione il nesso non è funzionale per cui potrebbe essere che questa volta i risultati macro di un incremento dei tassi potrebbero essere semplicemente “diversi” da quello che ci si aspetta.
Tutti questi dubbi fanno sì che in molti si aspettino un aumento del 0.75 alla riunione Fed di novembre e solo un aumento dello 0.5 alla riunione di dicembre.
L’SP500 sta lottando per avere il titolo di peggio anno per gli investitori dal 2007 ad oggi.
Eppure la stagione degli utili aziendali del terzo trimestre ha mostrato il 20% delle aziende che hanno comunicato i risultati trimestrali e il 72% di queste che hanno battuto le previsioni contro una media quinquennale del 77%.
A livello tecnico il quadro generale ci vede sempre sopra i supporti che reggono il mercato da ormai diversi mesi.
Con qualche piacevole novità: il Sequential (un indicatore di fine ciclo di Thomas Demark) che si stava accumulando sul Ftse All Share Weekly sta arrivando a compimento e spinge al rialzo le barre del nostro indice nazionale. Abbiamo 12 delle 13 prescritte barre ribassiste prima di vedere il rovesciamento della tendenza. Purtroppo non abbiamo altri segnali dello stesso tipo sulle altre borse internazionali e quindi è molto da prendere con le molle.
Che succede questa settimana ? Venerdì Wall Street ha chiuso al rialzo e penso che la prossima settimana dovrebbe essere incentrata più sul rialzo che sul ribasso, diciamo che male che vada potremmo avere una decorosa congestione con fine di settimana al rialzo …
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Sciuker Frames che ha disegnato un triangolo simmetrico con obiettivo in alto rispetto alle quotazioni attuali. E l’abbiamo indicata nell’editoriale della settimana scorsa in tempi non sospetti.Interpump è sempre meravigliosa …
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