In Italia muore un'azienda al minuto, da 18 mesi. Strangolata dal fisco e dalla burocrazia. «Sono già 635mila: e molte avrebbero potuto essere salvate», commenta amaramente il presidente dei Giovani imprenditori di Confcommercio, Paolo Galimberti, aprendo i lavori del Forum di Venezia. «È difficile mantenere un'impresa - aggiunge - quando l'imposta vera è al 55% e ci sono tasse che le aziende debbono pagare anche quando sono in perdita, come l'Imu, che è una patrimoniale sui beni strumentali, e l'Irap che è la tassa sulla crescita».
Tasse onerose, in tutti i sensi: sulle aziende gravano in media 120 adempimenti fiscali, 10 al mese, e seguirli tutti, con relative scadenze, sottrae mediamente 36 giorni lavorativi all'anno. Ovvero, sottolinea il Rapporto dei Giovani di Confcommercio che cita i dati della Banca Mondiale, il 76% in più della media Ue e il 46% in più dei Paesi Ocse.
Ma a preoccupare è anche la situazione del credito. «La sveglia del credit crunch da prima dell'estate non ha più smesso di suonare, scandita dai report della Banca d'Italia», rileva l'associazione. «Ogni mese una variazione negativa su base annua: -0,4% a maggio, -1,5% a giugno e -1% a luglio. Fino all'ultima rilevazione, quel -1,9% di agosto che segna il dato peggiore da 28 mesi a questa parte. Nello stesso periodo, mentre la stretta creditizia cominciava a mettere le mani attorno al collo di un'economia già duramente provata dal perdurare della crisi, i tassi di interesse sui prestiti non hanno smesso di crescere», aggiunge Confcommercio. Così, da novembre 2011 a giugno 2012, si è registrata una contrazione del credito alle imprese di 32 miliardi. Lo stock dei prestiti è crollato da 1.015 miliardi a 938 miliardi.
Infine, la goccia che fa traboccare il vaso:i 95 miliardi di debito che le amministrazioni pubbliche hanno nei confronti delle imprese, l'equivalente di quattro manovre finanziarie.
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