«Chiuso il dossier delle alleanze, guardiamo al 2018»

Parla Marchionne: «Il 2015 è andato bene» Ma a fine piano produzione sotto i 7 milioni

Pierluigi BonoraDetroit «Michigan is auto»: impossibile non notare la frase che campeggia su un enorme cartello ai bordi della highway che dall'aeroporto McNamara di Detroit porta a downtown. Un modo plateale per ringraziare un settore, quello dell'auto, che risollevatosi dalla crisi, ha via via creato nuovi posti di lavoro. E così Detroit è tornata a essere la Motor City americana, grazie anche al contributo italiano con l'operazione Fiat Chrysler. Non è un caso che ieri mattina, già alle 7 e 15, una ventina di minuti prima dell'inizio della presentazione del primo veicolo ibrido di Fca (il grosso minivan Chrysler Pacifica), era difficile trovare un posto a sedere nel mega stand del gruppo, all'Auto Show di Detroit.Poco dopo il presidente John Elkann e l'ad Sergio Marchionne, in vista dell'approvazione dei conti 2015 il prossimo 27 gennaio, hanno anticipato che «l'anno è andato bene, oltre le aspettative», e che «siamo nella fascia alta della guidance», cioè un operativo adjusted di almeno 4,5 miliardi e una caduta dell'indebitamento netto tra 6,6 e 7,1 miliardi. Marchionne, a questo punto, se l'è presa ancora una volta con gli analisti («...che ci azzeccano poco...») e con, usando un termine renziano, i numerosi «gufi». E poi le alleanze, di cui nel 2015 si è parlato tanto. E qui Marchionne è stato perentorio: «Abbiamo abbandonato il consolidamento per ora. Prima Fca deve concentrarsi sul piano di crescita da 48 miliardi in investimenti, incentrato su Alfa Romeo, Jeep e Maserati e raggiungere gli obiettivi al 2018, senza aiuti o dismissioni». Per l'ad sono i dati finanziari quelli che contano (utile operativo di 9 miliardi, utile netto di 5 e debito a zero), rispetto ai volumi, lasciando così intravedere che i 7 milioni di veicoli previsti al 2018, saranno in realtà meno. «Nel garage di casa mia ne ho parlato con John alle 5 di stamane (ieri, ndr). Insieme abbiamo fatto il punto della situazione. Spero che a fine gennaio vedrete che la distanza tra dove stiamo e dove dobbiamo arrivare, al 2018, non è poi enorme. Non voglio lasciare la cucina in disordine per il mio successore», ha osservato, definendo «infelice» (poor bastard, in inglese) il suo erede («diversi quelli possibili, sono impegnato a selezionali»). A Mary Barra, presidente e ad di Gm, in posa per fotografi e operatori tv nello stand del gruppo a cui Fca ha fatto il filo, una sola battuta: «Non ci siamo scambiati neppure gli auguri di Natale...». E lei, di rimando: «Nessuna prospettiva al momento».Fca, comunque, ha fatto intendere Marchionne, avanza con le ruote ben piantate per terra. «Entro il 2020 - il suo commento - la nostra offerta riguarderà per il 50% vetture ibride». E sulla guida autonoma, tema centrale all'Auto Show: «Parliamo con Google e con altri, ma senza scelte che possano limitarci. Dobbiamo gestire questo nuovo mondo dove l'importanza del marchio continua a essere essenziale. È impossibile sostituire l'unicità del brand Jeep, a esempio».Mentre Marchionne parla, l'ad di Volkswagen, Matthias Mueller, si cosparge il capo di cenere. «Nello scandalo delle emissioni - osserva il capo azienda di Fca - non è il diesel che è sbagliato. Si tratta di un processo di poca governance per Volkswagen».

Infine, sul neo «acquisto» Ferrari, il presidente di Exor, Elkann, ha confermato la possibilità da parte della holding «di aumentare la nostra quota (ora al 23,5%, ndr), ma non abbiamo mai detto che l'avremmo aumentata».

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