La Cina rallenta ancora: giù l'export in dicembre

Cominciano a farsi sentire gli effetti dei dazi. Trump: "Possibile un accordo con Pechino"

La Cina rallenta ancora: giù l'export in dicembre

Il dato, un surplus commerciale di 323 miliardi di dollari lo scorso anno nei confronti degli Stati Uniti (+17,2% sul 2017), potrebbe far pensare che i dazi non abbiano poi avuto grandi ripercussioni sulla Cina. In realtà, per capire meglio l'impatto della guerra commerciale con Washington, meglio sarebbe analizzare quanto è accaduto lo scorso dicembre, quando il Dragone ha visto crollare del 4,4% l'export globale su base annua. Le tariffe punitive del 10% su 200 miliardi di dollari di merci made in China hanno insomma cominciato a spuntare quella che per anni è stata la freccia con cui Pechino è riuscita sempre a far centro rispetto ai propri obiettivi di crescita. A causa dei dazi statunitensi, «sono tempi duri» per la Cina, ha infatti dichiarato ieri il presidente statunitense, Donald Trump, parlando con i giornalisti prima della partenza dalla Casa Bianca per New Orleans.

La reazione delle Borse, tutte negative (-0,61% Milano), dà la misura del livello di preoccupazione innescato dalla contrazione dicembrina, ennesimo campanello d'allarme di un rallentamento generalizzato dell'economia cinese. D'altra parte, il pessimo andamento delle esportazioni ha fatto il paio con la caduta verticale delle importazioni (-7,6% il mese scorso, contro un atteso +4,5%) e con la flessione per il secondo anno consecutivo dell'avanzo commerciale complessivo, pari a 351 miliardi (-16,2% rispetto al 2017).

Il problema è che il gelido bilancio di fine 2018 non sembra destinato a trovare qualche forma di correzione quest'anno. Anzi. La situazione, come spiega Goldman Sachs, non è suscettibile di miglioramenti a fronte di una frenata congiunturale globale, e il possibile scivolamento in recessione di Germania, Italia e Francia finirebbe per peggiorarla. Le misure decise negli ultimi mesi da Pechino per stimolare la crescita (dall'aumento delle spese per le infrastrutture ai tagli delle tasse) non hanno portato benefici. Pechino potrebbe così essere indotta ad accelerare e intensificare le misure di allentamento e di stimolo della politica, anche per sostenere la produzione. In particolare quella automobilistica, scesa del 5,2% annuo a 23,53 milioni a causa di vendite calate del 2,8% a 28 milioni di unità.

Ma oltre ai provvedimenti interni di politica economica, è verosimile che sia nell'interesse della Cina trovare nel più breve tempo possibile un accordo per porre fine alla trade war con gli Usa. Trump ha anche detto ieri di credere che gli Stati Uniti saranno «in grado di fare un accordo commerciale con la Cina», nonostante i negoziati di medio livello della scorsa settimana non abbiano sciolto alcuni nodi cruciali come il trattamento della proprietà intellettuale o il sostegno delle imprese statali da parte del governo cinese.

Il vice premier cinese Liu ha in programma di volare a Washington per ulteriori colloqui verso la fine di questo mese, quando mancheranno due mesi alla fine del periodo di tregua deciso dalle parti a margine del G20 di Buenos Aires.

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