Luca Fazzo
Era passato incolume, o quasi, attraverso la saga di Antonveneta, quando venne immortalato nella categoria dei «furbetti del quartierino», imprenditori del mattone accusati di rischiare più volentieri i soldi altrui che i propri. Ma per Danilo Coppola i guai erano solo rinviati, nel 2007 finì in carcere per il crac di una serie di società romane, un buco da 130 milioni, e in cella tentò il suicidio: per quei reati è stato recentemente condannato a nove anni di reclusione, ed era libero in attesa dell'appello. Ma ieri torna bruscamente in carcere, stavolta su richiesta della Procura di Milano: concorso in bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta di imposte, le accuse che figurano nell'ordine di custodia chiesto dai pm Giordano Baggio e Mauro Clerici. La richiesta di arresto risalirebbe a diversi mesi fa, e solo nei giorni scorsi è stata accolta dal giudice preliminare.
L'ipotesi di reato contestata a Coppola nasce dall'analisi dei conti di una serie di società a lui ricollegabili, tutte ruotanti intorno all'impresa più importante ancora in corso da parte dell'immobiliarista romano, la vasta operazione edilizia in corso sui terreni di Porta Vittoria a Milano. Il progetto si è a lungo arenato a causa delle difficoltà finanziarie di Coppola, e gli stessi pm Clerici e Baggio avevano chiesto che la società capofila, Porta Vittoria spa, venisse dichiarata fallita.
Appena un mese fa il tribunale fallimentare milanese aveva respinto la richiesta della Procura, ammettendo la spa alla ristrutturazione del debito e al concordato preventivo: come chiesto non solo da Coppola ma anche dalle banche creditrici. La decisione del tribunale fallimentare però non ha ammorbidito, come si è visto ieri, la linea della Procura.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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