Come uno scomodo convitato di pietra, c'è anche la Corporate America seduta al tavolo della Federal Reserve, che oggi dovrà decidere se e quando alzare i tassi. Nodo già di per sè difficile da sciogliere, ma complicato dal rallentamento del comparto industriale. Le relazioni trimestrali che stanno uscendo a getto continuo (entro la fine della settimana sarà toccato a un terzo delle imprese quotate allo S&P 500) sembrano confermare il mood più recessivo che espansivo intravisto nei più recenti indicatori macro (calo della fiducia dei consumatori e crollo degli ordini di beni durevoli).
Gli analisti non escludono infatti il ripetersi di un fenomeno che non si verifica da sei anni: la contemporanea contrazione di utili e ricavi. Le stime sono di un calo medio del 2,8% dei profitti per azione e del 4% per quanto riguarda i fatturati. Non certo lo scenario ideale per attuare la stretta monetaria, data per certa entro l'anno fino a quando l'irrompere della frenata cinese e delle principali economie emergenti hanno consigliato alla banca centrale Usa estrema prudenza. Anche se il board è rimasto spaccato tra l'ala dei governatori favorevole a rompere ogni indugio, e il versante di chi preme per mantenere lo status quo. Il modo di gestire la comunicazione, infatti, è apparso così pasticciato da disorientare i mercati. È un errore che Janet Yellen, presidente di Eccles Building, non può oggi permettersi. Al contrario, serve chiarezza per sgombrare il campo da ogni incertezza.
Le relazioni trimestrali potrebbero, appunto, condizionare le scelte della Fed. Qualche rassicurazione al direttivo è però arrivata ieri sera dal terzo quarter della regina di Wall Street, ovvero Apple. Un colosso impossibile da ignorare per ciò che rappresenta sia in termini di capitalizzazione (attorno ai 660 miliardi di dollari, quasi il doppio del Pil del Massachusetts), sia per il peso sull'economia Usa dato dal giro d'affari e dagli utili della Mela morsicata. Ma i timnori della vigilia sono stati dissolti: il gruppo di Cupertino ha chiuso il periodo luglio-settembre con 11,1 miliardi di utili, il 31% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, grazie all'impulso dei 48 milioni di Iphone venduti (+36%). Apple non ha dunque accusato il colpo del rallentamento della Cina, e il melafonino resta la gallina dalle uova d'oro.
Ora resta però da vedere come andrà il settore energetico: le attese sono per una flessione di più di un terzo delle vendite rispetto al 2014 e per un ribasso del 65% degli utili.Se il fronte dei tassi resta aperto (almeno fino a oggi), l'America ha almeno chiuso il capitolo sul bilancio, con l'accordo bipartisan sul tetto al debito raggiunto nella notte di lunedì.
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