«Non aspettatevi decisioni importanti, ma è una riunione più importante di tante altre perché è una pagina aperta, non un testo già definito». Il premier Mario Monti ha provato sin dal «prepartita» del Consiglio Ue straordinario di ieri a Bruxelles a stemperare le tensioni e a diffondere - se non ottimismo - per lo meno qualche realistica speranza di veder realizzate idee forti come «investimenti pubblici ed Eurobond» che potessero spingere la crescita. E, soprattutto, azioni decise per tenere la Grecia dentro l’area euro, come teorizzato dal presidente francese François Hollande.
Peccato che tutti gli sforzi per edulcorare l’amara pillola fossero stati già vanificati dal calo generalizzato delle Borse europee. Milano è stata la maglia nera del Vecchio continente e ha perso il 3,68% trascinata giù dal comparto bancario. Pesanti anche Madrid (-3,3%), Francoforte (-2,33%) e Parigi (-2,6%), mentre la «derelitta» Atene ha perso il 2,2%.
Gli operatori hanno accelerato le vendite dopo che si è diffusa l’indiscrezione relativa alla predisposizione di un piano di uscita della Grecia dall’euro da parte del Working group dell’Eurogruppo lunedì scorso. «Ogni Paese dovrà predisporre un piano di emergenza», si legge nel dossier che sembra asseverare l’ipotesi di un’imminente dipartita di Atene dalla moneta unica. L’exit strategy prevederebbe il conio di una moneta propria (una sorta di euro-bis) e un sostegno da parte dell’Ue e dell’Fmi. L’euro è così crollato nei confronti del dollaro sotto quota 1,27, a 1,2615, valore che non si toocava dall’agosto del 2010. La circostanza è stata confermata dal ministro delle Finanze belga, Vanackere, ma smentita sia dal presidente francese Hollande («farò tutto il possibile per convincere i greci a restare nell’euro») che dal titolare del Tesoro ellenico.
Come se tutto questo non bastasse, anche la Spagna ha contribuito a innervosire le Borse. In un vertice all’Eliseo il premier Mariano Rajoy ha sottolineato che «Madrid non può convivere con gli attuali livelli di spread (il Bonos-Bund è salito a 482, quello dei Btp a 428) perché compromettono il raggiungimento degli obiettivi di deficit». Un chiaro «sos» lanciato alla Bce giacché la Spagna ha bisogno di un aiuto subito e non delle lungaggini del salva-Stati.
Dinanzi a questo quadro tecnico, il rincorrersi delle parole lascia un po’ il tempo che trova. Ma è chiaro che l’euforia generata dall’ottimismo del G8 di Camp David dello scorso weekend è solo un pallido ricordo. Basti pensare all’intransigenza merkeliana esibita ancora ieri. «Gli Eurobond non contribuiscono a rilanciare la crescita», ha ripetuto il cancelliere, chiudendo la porta a qualsiasi tentativo sviluppista. Mario Monti, che stasera sarà ospite di Piazzapulita su La7, è consapevole di muoversi su un campo minato («sappiamo che per diversi Stati membri non sono idee digeribili nel breve periodo»), ma non può far null’altro che aggrapparsi a François Hollande per tentare di far breccia nel muro eretto da Berlino a ogni ipotesi pro-crescita.
Di qui la diffusione - a margine del bilaterale tra il premier e le président - di manifestazioni di «sintonia, condivisione, convergenza» sul modo di contabilizzare la spesa per investimenti in infrastrutture di interesse europeo ai fini della disciplina di bilancio (la cosiddetta golden rule). La verità è un’altra: è quella del Dow Jones ai minimi del 2012 e gli Usa che, nel collasso greco, temono un Armageddon da mille miliardi di dollari.
E se la danno a gambe dall’Europa come denunciato dall’agenzia di rating Fitch, secondo cui la quota di debito spagnolo detenuta da stranieri, è scesa da dal 60 al 40% dal 2008 al 2011 (dal 50 al 32% la parabola dell’Italia).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.