Cristine Lagarde finisce alla sbarra

Accusa di negligenza: affidò a un arbitro la soluzione dell'affaire Tapie

Rodolfo PariettiC'è sempre quella macchia, affiorante e indelebile, nell'immacolato curriculum di Christine Lagarde. Passano gli anni, e una delle donne più potenti sulla terra, colei che pontifica dallo scranno più alto del Fmi sui destini dell'universo mondo, deve ancora fare i conti con un pasticciaccio vecchio di anni. Sette, per l'esattezza. Se la lentezza da bradipo della giustizia italiana è nota anche ai sassi, anche quella francese appare alquanto lumachesca: Christine finirà infatti sotto processo per una vicenda che risale al 2008, quando era ministro delle Finanze. Era l'anno della disputa fra Bernand Tapie, ex énfant prodige della finanza transalpina, e il Crédit Lyonnaise. Oggetto del contendere, una preda ghiotta come Adidas, marchio dell'abbigliamento sportivo con un'immagine vincente pari al fatturato miliardario. Tapie, che all'epoca passava per tipo assai scaltro, vestì gli inusuali panni del raggirato. Questo, più o meno, il suo j'accuse: «Ho ceduto alla banca la mia quota in Adidas, ma sono stato truffato perché l'istituto ha poi rivenduto quel pacchetto a un prezzo di gran lunga superiore».Tapie, rispetto al Lyonnaise, aveva da spendere l'amicizia con l'allora presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy. E la Lagarde ha sempre avuto un debole per Monsieur le President, come si è inconfutabilmente capito dal «fai di me ciò che vuoi» contenuto nell'ormai celeberrima lettera da «50 sfumature di Sarko» inviatagli un paio di anni fa. Fatto sta che, a un certo punto del duello, Christine si mise in mezzo: facendo valere il proprio ruolo, decise di affidare la sentenza non un tribunale ordinario, ma a un arbitrato privato. Risultato: Bernie risarcito con 403 milioni di euro. Un discreto gruzzoletto. Costato però ora alla Lagarde un rinvio a giudizio per «negligenza». Lei, naturalmente, ha opposto immediato ricorso in Cassazione e ha affidato all'avvocato di fiducia il compito di bollare la decisione come «difficilmente comprensibile», visto che il pubblico ministero si era pronunciato per il non luogo a procedere. Dai piani alti del Fondo monetario è quindi subito arrivata la piena solidarietà al capo, mentre il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin, si è affrettato a sottolineare che può conservare la sua poltrona a Washington perchè «il diritto francese si basa su un principio assoluto, che è la presunzione di innocenza», e Lagarde «beneficia di questa presunzione di innocenza». Ma la prospettiva di un processo è destinata a creare non pochi imbarazzi. Il prossimo anno l'Fmi dovrà rinnovare la carica di direttore generale, e Christine ha già annunciato «urbi et orbi» di essere disposta a un nuovo mandato.

L'affaire Tapie rischia di trasformarsi in un boomerang incontrollabile, se davvero Christine finirà alla sbarra. E in caso di condanna, l'ex reine de la gaffe potrebbe veder sbarrata la porta che conduce all'Eliseo, l'approdo inseguito da una vita.

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