Il decreto sulle sofferenze fa correre Popolari e Mps

Secondo i calcoli di Mediobanca l'intervento della Cdp a garanzia dei crediti diventa più probabile

In attesa di capire che strada prenderà la «bad bank», le grandi manovre del governo sulle banche sono entrate nel vivo con il via libera al decreto legge che prevede la deducibilità annuale (a fini Ires ed Irap) delle svalutazioni sui crediti e riduce in generale i tempi di riscossione. Un provvedimento sollecitato anche dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco nelle ultime «Considerazioni finali».

La novità, secondo gli analisti, avrà «un peso sull'Eps (utile per azione) e parametri chiave che definiscono la solidità patrimoniale di un banca come il Cet1». Aspetto che apre, secondo Mediobanca Securities, la strada a un possibile coinvolgimento della Cdp nel progetto di riduzione dei crediti in sofferenza che appesantiscono le banche italiane bloccandone l'attività sui prestiti: le sofferenze lorde hanno toccato in aprile quota 191,5 miliardi, pari al 10% degli impieghi e un livello mai visto negli ultimi 20 anni, mentre i crediti deteriorati complessivi sono superiori a 350 miliardi.

Ma con questa prima mossa cosa cambia in concreto per le banche? E quali sono quelle più contente? Le azioni decisive sono due: la riduzione a un solo anno - dai 5 precedenti - per la defiscalizzazione delle perdite sui crediti e la semplificazione delle norme sul recupero delle garanzie sui prestiti inesigibili (i tempi medi oggi sono di 7-8 anni). Ciò impedisce che i prestiti in sofferenza si possano collocare sul mercato, pesando così, anno dopo anno, sui bilanci: oggi i prestiti anomali sono il 18% dei crediti complessivi. A questo punto, questa voce dovrebbe ridursi in bilancio e allineare le banche italiane a quelle straniere. «D'ora in poi i nuovi diritti accesi dalle svalutazioni dei crediti, potranno essere goduti nell'anno in cui emergono», ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, spiegando che «questo accelera notevolmente l'aggiustamento dei bilanci delle banche e permetterà di dedicare più capitale al credito». Guardando alle singole banche, Mediobanca Securities stima che la riduzione della deducibilità delle perdite sui crediti consentirà un incremento del rapporto Cet1 mediamente di 10 punti base (indicatore di solidità patrimoniale che deve essere sopra l'8%).

Inoltre, abbrevviando il periodo di recupero delle garanzie, l'impatto sull'Eps (utile per azione) sarà in media del 6% sulle stime al 2018: per il Creval l'impatto sarà del +25%, per Banco popolare, Bper, Mps e Ubi del +15%, per Intesa Sanpaolo del +5%, per Unicredit e Credem del +3%. Inoltre, si ridurrebbe lo spread dei non performing loans (attività che non riescono più a ripagare il capitale e gli interessi dovuti ai creditori) del 3%. In questo quadro, sempre Mediobanca Securities, ipotizza che la fase due del piano di governo potrebbe coinvolgere la Cdp.

La banca d'affari ipotizza allora che la «nuova» Cassa, di cui Matteo Renzi sta cercando di cambiare i vertici, possa fare da garanzia ai crediti in sofferenza delle banche. Recentemente la Cassa ha infatti aggirato il divieto di investire in società che non siano in utile finanziando con un miliardo un veicolo creato ad hoc per dare soldi all'Ilva. Un'ipotesi che se realizzata potrebbe favorire soprattutto le piccole banche, radicate sul territorio. Quelle che, a oggi, avrebbero più bisogno di una bad bank.

Non per altro ieri ad accendersi in Borsa sono state soprattutto Bipiemme (+3%), Banco popolare (+2,07%), Credem (+2,05%) e Bper (+2,82%). Positive anche Ubi (+1,19%); Mps (+1,25%), Intesa (+1,89%) e Unicredit (+1,65%).

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