Mario Draghi sale sulle barricate contro i dazi di Donald Trump. Non è certo la prima volta, ma con la crescita dell'eurozona sempre più zoppicante, deve essere risultato indigeribile al presidente della Bce il nuovo ceffone commerciale rifilato all'Ue dal leader Usa sotto forma di tariffe punitive da 11 miliardi di dollari su una lunga lista di prodotti comunitari. «Dobbiamo vedere cosa accadrà in concreto - ha spiegato ieri l'ex governatore di Bankitalia nella conferenza stampa che ha seguito la riunione del direttivo - , ma certamente il fatto che queste minacce di misure protezionistiche siano ripetute a più riprese ha certamente un impatto sul clima generale di fiducia». Draghi vede una stretta connessione tra il muro eretto da The Donald a difesa dell'America First e il rallentamento marcato di Eurolandia. «Non ci sono dubbi - afferma - che uno dei fattori di debolezza in Europa e nel mondo è dovuta all'indebolimento della fiducia che deriva da minacce varie, incluse quelle relative a ulteriori misure protezionistiche».
Questo ripiegamento su posizioni lontane dai principi cardine del libero mercato rischia tra l'altro di indebolire un ciclo economico già deteriorato oltre le previsioni. Anche se le probabilità di recessione «restano basse», Draghi è stato costretto ad ammettere che «gli ultimi dati disponibili sono deboli, e questo slancio più debole si estenderà per tutto il 2019». Insomma, nessuna possibilità di miglioramento. E in questa clima perturbato dovrà muoversi l'Italia, chiamata a compiere uno sforzo non facile: «La priorità è di ricreare le condizioni di crescita dell'economia e dell'occupazione e l'Italia sa come fare - ha spiegato Draghi - è molto importante che queste priorità siano perseguite senza causare aumenti dei tassi perchè questi hanno un effetto contrario, di contrazione». L'invito è esplicito: evitare di pigiare sul pedale del deficit spending, un'azione che rischia di rivelarsi un boomerang a causa del prevedibile surriscaldamento degli spread.
La Bce non sembra del resto avere alcuna intenzione di far ripartire la giostra del quantitative easing («Non ne abbiamo discusso») che a lungo aveva consentito la stabilizzazione dei differenziali di rendimento. Seppure la banca centrale sia pronta a «usare qualsiasi strumento a disposizione» contro le emergenze, l'approccio resta al momento prudente. Anche per quanto riguarda un eventuale alleggerimento degli interessi che le banche pagano all'Eurotower per parcheggiare la liquidità in eccesso. Il dossier non è ancora arrivato sul tavolo del board, e il lavoro è limitato a un'analisi «su come i tassi negativi stiamo impattando sul sistema bancario». E agli istituti che lamentano margini risicati a causa della compressione dei tassi, Draghi risponde ricordando che il comparto «è sovraffollato e vi è un significativo bisogno di consolidamento».
L'evoluzione del ciclo economico da qui alla prossima riunione sarà cruciale invece per definire i dettaglio della nuova tornata di aste Tltro. Giugno dovrebbe quindi essere il mese in cui le linee-guida della Bce saranno rese più chiare, posto che di rialzo dei tassi non si comincerà comunque a parlare prima del 2020.
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