Assomiglia a una partita di ping-pong, con la pallina della politica monetaria che rimbalza da una parte all'altra del tavolo. Da un lato c'è l'ultimo Bollettino mensile della Bce, diffuso ieri, in cui si ribadisce «che è necessario continuare a fornire un grado elevato di accomodamento monetario per assicurare un ritorno durevole dei tassi di inflazione verso livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento».
Insomma, come più volte sottolineato da Mario Draghi negli ultimi mesi, il quantitative easing continuerà fino a settembre «e anche oltre, se sarà necessario». Jens Weidmann, componente del board dell'Eurotower nonchè presidente della tedesca Bundesbank, non pare però d'accordo: se l'economia continua a crescere secondo le attese, ha detto in un intervento a Francoforte, «non sembra necessario estendere l'entità degli acquisti oltre quanto annunciato». L'idea di Weidmann è che il favorevole andamento dell'economia nell'area, andando a incidere sui salari, porterà i prezzi al consumo sui livelli di stabilità inseguiti da tempo dalla Bce. E, dunque, non sarà necessario procrastinare le misure di aiuto.
Draghi, però, teme che l'eccessivo apprezzamento dell'euro (+15% nei confronti del dollaro da inizio anno) determini spinte deflattive tali da consigliare prudenza nel definire la tempistica dell'exit strategy. Il Qe, infatti, è ancora open ended, cioè senza un termine prestabilito. Il nodo valutario è il secondo punto di attrito con il capo della Buba. Secondo il quale, «sembra improbabile che il recente apprezzamento dell'euro possa mettere a rischio l'espansione» economica. Ma non solo: «Indagini recenti indicano che le ripercussioni dei tassi di cambio, cioè l'impatto delle fluttuazioni dei tassi di cambio sull'inflazione, sono diminuiti», spiega Weidmann.
Con ciò togliendo a Draghi il solo motivo che, a questo punto, potrebbe giustificare un allungamento temporale degli acquisti mensili. Inoltre, il banchiere tedesco torna a bacchettare i Paesi con alto debito: «Potrebbe diventare un peso» in caso di aumento dei tassi. «Nell'unione monetaria europea la disciplina fiscale è assolutamente essenziale».
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