Eni prepara il passo indietro dalla Nigeria

La Nigeria torna d'attualità in casa Eni. Dopo lo scandolo su presunte tangenti nel Paese, l'agenzia Bloomberg rilancia la notizia secondo cui il Cane a sei zampe starebbe pensando alla possibilità di vendere asset onshore nel Paese. La valutazione sembrerebbe ancora in una fase primitiva,tanto che l'ammontare dell'operazione potrebbe variare tra 2 e 5 miliardi di dollari. «Liquidità che andrebbe ad allegerire il debito del gruppo», scrive Bloomberg , anche se il livello di indebitamento (15,14 miliardi al 31 marzo, atteso però a 17 ,3 miliardi con i conti del primo semestre) non è considerato dall'azienda un problema.

Semmai la questione riguarda la controllata Saipem che pesa per più di un terzo sulla capogruppo (il debito di San Donato è atteso a 5,9 miliardi con i conti semestrali) e per il quale è allo studio un aumento di capitale. Ma tant'è, l'ad Claudio Descalzi lo aveva detto presentando il piano a inizio anno: «Venderemo asset per 8 miliardi in quattro anni». E gli analisti vedono tra 2015 e 2016 la parte più significativa (75%) di dismissioni. In particolare, in un report Banca Akros ricapitola i punti del programma: circa 4,5 miliardi dalla vendita di piccolo quote in scoperte dove il gruppo ha la maggioranza; quasi 2 miliardi dalla partecipazione in Galp e Snam; circa 1,5 miliardi dalla razionalizzzione del portafoglio. Potrebbe dunque inserirsi in questo contesto l'operazione in Nigeria, dove il gruppo sta affrontando una delle pagine più difficili. Si tratta dell'ultimo sviluppo di un'inchiesta di presunta corruzione internazionale che riguarda l'acquisizione, nel 2011, di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria. All'epoca Paolo Scaroni era ad dell'Eni e Claudio Descalzi guidava la divisione Oil & gas.

Forse è alla luce di queste complicazioni e con il Paese africano che è sempre più rischioso (violenza, disordini e furti di greggio sono all'ordine del giorno nel delta del Niger) che l'Eni potrebbe decidere di allegerire la propria presenza sulla scorta di quanto già fatto da Royal Dutch Shell e Chevron. Maggiori dettagli potrebbero arrivare con la semestrale, che sarà presentata il 30 luglio. In quell'occasione gli analisti di Equita si attendono un miglioramento grazie al piano di ristrutturazione che sta mitigando il crollo del prezzo del petrolio. In particolare, la produzione dovrebbe confermare il forte progresso mostrato nel primo trimestre: +7% anno su anno. Non solo. La debolezza dell'euro e il parziale incremento del prezzo del petrolio porterà un significativo miglioramento dell'ebit della divisione E&P: quasi +50% rispetto al primo trimestre.

Certo, al di là delle divisioni, il conto finale non sarà del tutto roseo e gli analisti si aspettano un ebit a

1,55 miliardi (-43% anno su anno) e un utile netto rettificato di 607 milioni (-30%). In Borsa ieri il titolo Eni ha chiuso la seduta in lieve rialzo (+0,13% a 15,87 euro) mentre Saipem è rimasta ferma a 8,3 euro (-0,60%).

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