Entro il mese il progetto «Az» Fs prepara la cordata su Alitalia

Da domani l'ad delle Ferrovie al lavoro per il gruppo italiano che dovrà avere il 51% e cercare il partner industriale estero

Entro il mese il progetto «Az» Fs prepara la cordata su Alitalia

Il futuro di Alitalia è avvolto ancora da molte incertezze, le varie squadre sono al lavoro e tra qualche settimana si dovrebbe cominciare a individuare un esito. La cronaca ci dice che è ancora in corso la due diligence da parte delle Ferrovie dello Stato, che a fine ottobre hanno presentato un'offerta vincolante condizionata, in particolare, all'esame supplementare dei conti (quello in corso), e all'individuazione di uno o più partner industriali. Se tutto andrà bene (l'alternativa è la rinuncia, politicamente non sostenibile), entro gennaio il gruppo guidato da Gianfranco Battisti (foto) presenterà un'offerta definitiva, con i nomi della cordata. In parallelo sarà messo a punto un piano industriale da utilizzare come documento di offerta, per costruire governance e platea societaria. Le Ferrovie insomma hanno la funzione di soggetto aggregante, che a questo scopo si serve di una newco; alla fine terranno una quota minoritaria tra il 10 e il 20% - che, unita ad altre quote di nazionalità italiana, permetterà ai capitali tricolori di detenere il 51% (che è l'obiettivo del governo).

Uno dei tanti quesiti riguarda la fisionomia degli acquirenti. Tra gli italiani, oltre a Fs, si immaginano soggetti istituzionali, fondi, gruppi pubblici. Si è fatto il nome di Finmeccanica, dell'Eni, quello delle Poste (abbiamo già dato nel 2014, ci abbiamo rimesso 75 milioni), quello della Cassa depositi, che per entrare in una società non in bonis dovrebbe modificare lo statuto, si parla del coinvolgimento di alcune grandi banche.

Sul fronte straniero, i due soggetti in prima fila sono Delta e Easyjet, con intenzioni diverse: la prima di valorizzare la propria rete, la seconda di acquisire parte della flotta di breve e medio raggio e alcuni slot a Linate. Manca chiarezza sull'apporto di capitali: i soggetti citati non paiono intenzionati a versare quei due-tre miliardi necessari a un vero rilancio. Le Fs mettono le mani avanti e assicurano che l'operazione non intaccherebbe il maxipiano di investimenti dei prossimi 5-6 anni (50-60 miliardi) in trasporto regionale, alta velocità e digitalizzazione. L' osservazione che gli utili delle Ferrovie corrispondano all'incirca alle perdite di Alitalia viene considerata un'impropria semplificazione. Ma i soggetti pubblici italiani, a cominciare dal ministero dell'Economia, azionista al 100% delle Ferrovie, devono stare anche attenti a non incorrere in procedure europee su aiuti di Stato.

Di aiuti di Stato c'è il sospetto anche per il prestito ponte di 900 milioni che, grazie alla proroga, si allungherà oltre i 24 mesi, cosa abnorme secondo i concorrenti che hanno fatto ricorso a Bruxelles. Se anche una parte di questo denaro verrà trasformata in capitale, non si tratterà di denaro fresco, ma già in cassa e in continua erosione. Nei giorni scorsi Mf ha rivelato che a fine settembre la liquidità di Alitalia si era ridotta a 628 milioni rispetto ai 770 precedenti. Tale prestito è l'ossigeno finanziario senza il quale l'azienda dovrebbe dichiarare fallimento, e per giunta la stagione appena imboccata è la peggiore per il trasporto aereo.

Stando alle stime, l'Alitalia nel 2018 ha perso 500 milioni, 1,4 al giorno. La compagnia fa sapere che le cifre ufficiali saranno inferiori, più vicine a quei 453 milioni che Andrea Giuricin, economista dei trasporti, va ipotizzando da tempo. E aggiunge (la compagnia) che nelle perdite sono comprese due voci non ricorrenti, come alcuni ammortamenti e gli interessi (100 milioni) sul prestito ponte. Agli investitori interessa il margine operativo (Ebitda), che misura la capacità di un'azienda di guadagnare con la propria attività caratteristica; qui ci sarebbe qualche miglioramento, ma si tratta pur sempre di una compagnia in perdita, nella quale tutti, da vent'anni a questa parte, hanno perso denaro.

Sullo sfondo resta Lufthansa, silente, impassibile, guardinga ma, alle sue condizioni, disponibile.

Investimenti sì ma a patto di ridimensionare il personale e di comandare con il 51%. Su questo la divergenza con il governo sembra insanabile, ma Lufthansa è considerata, dagli addetti ai lavori, l'unica con seria esperienza di risanamenti e con un rodato modello multihub.

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