Bilancio amaro per il salvataggio delle quattro banche. A un anno dalla soluzione di sistema adottatA per Banca Etruria, Banca delle Marche, CariFerrara e CariChieti, il conto per il comparto bancario e in ultimo per il Paese rischia di salire ulteriormente. La partita è tutt'altro che chiusa anche perché vendere le quattro banche rinate, dopo essere state alleggerite di 8,5 miliardi di sofferenze lorde (circa 5 nette, svalutate a 1,5, e affidate a una bad bank) e ripatrimonializzate per 1,8 miliardi, è più complicato del previsto. E, soprattutto, rischia di non portare nelle casse del «Fondo Nazionale di Risoluzione» i corrispettivi sperati. Aumentando di conseguenza il conto finale, che in parte è già stato trasferito sui costi dei conti corrente di altre banche.
Finora il salvataggio è costato al sistema 3,6 miliardi, di cui 2,4 miliardi sono stati stanziati dal Fondo, istituito lo scorso novembre dalla Banca d'Italia, con i versamenti di 600 istituti e operatori del credito presenti nel Paese. Ma probabilmente non è finita qui. L'intervento totale previsto ammonta a 3,7 miliardi, anticipati al Fondo con un finanziamento da 4 miliardi, concesso, a condizioni di mercato, da Intesa SanPaolo, Unicredit e Ubi Banca. Il Fondo, con i contributi versati dalle banche presenti in Italia, ha già restituito la prima tranche del prestito pari a 2,4 miliardi. Gli 1,7 miliardi rimanenti del finanziamento dovranno essere rimborsati entro il 20 maggio. Nel caso in cui le risorse presenti nel Fondo alla scadenza non siano sufficienti a coprire il finanziamento, interverrà a garanzia la Cassa Depositi e Persisti che, a sua volta, se scattasse la garanzia, maturerebbe un credito quinquennale verso il Fondo. E l'ipotesi è tutt'altro che remota, considerando le difficoltà del Fondo nel portare avanti la cessione delle quattro good banks rinviata dallo scorso aprile a settembre e ora in calendario, pare, per fine novembre, e della bad bank.
Al momento le casse sono vuote. Il Fondo ha chiuso il 2015 con una perdita di oltre 2,1 miliardi e se non riuscisse a raccogliere una dotazione sufficiente per gli interventi previsti, attraverso la vendita delle attività in portafoglio, la Banca d'Italia potrebbe chiedere alle banche, nuovamente, un contributo addizionale rispetto a quello ordinario, pari a 730 milioni circa. Nel 2015 il contributo ordinario era stato calcolato a 588 milioni ma, a causa del salvataggio delle quattro banche, era stato previsto un contributo straordinario pari a tre volte quello ordinario, il massimo previsto dalla normativa.
Per quanto riguarda CariFerrara, in corsa ci sarebbero alcuni fondi Usa, mentre Ubi sarebbe interessata altri tre istituti. Ma a quanto pare, a costo zero e con l'impegno a effettuare 4-600 milioni di aumento di capitale. I pretendenti chiederebbero addirittura una dote prima di procedere con le nozze. Le quattro banche infatti hanno chiuso il semestre con una perita netta di 133 milioni e 4,2 miliardi circa di crediti deteriorati lordi. Simili dati, con i nuovi criteri patrimoniali imposti agli istituti di credito dalla Bce, rischierebbero di mettere a repentaglio la solidità finanziaria di Ubi.
Ecco quindi che sul mercato iniziano a circolare ipotesi di un contributo finanziario che potrebbe essere concesso dal Fondo agli acquirenti, oltre a un'ulteriore scorporo dei crediti deteriorati in carico alle good bank. Tra gli esperti c'è chi calcola addrittura in due miliardi le nuove necessità di finanziamento delle quattro banche. Un orizzonte ben poco entusiasmante per tutte le altre.
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