Fiat Chrysler Automobiles chiede aiuto all'americana Tesla allo scopo di rispettare i severi parametri sulle emissioni imposti dall'Ue (95 grammi/km di CO2 nel 2020 e quelli futuri ancora più stringenti). Ecco allora nascere il cosiddetto «pool» di cui fanno parte Fca Italy, Fca Us e la Casa fondata da Elon Musk, grazie al quale il Lingotto potrà compensare le emissioni di anidride carbonica dei veicoli prodotti, ottemperando così alle severe norme che puntano ad abbattere il gas responsabile dell'effetto serra (quindi, non inquinante, come lo sono, invece, il particolato e gli ossidi di azoto) scaricato nell'aria dalle auto. In pratica, le zero emissioni del parco vetture elettriche di Tesla, saranno calcolate insieme alle emissioni medie dei veicoli di Fca allo scopo di raggiungere gli obiettivi fissati da Bruxelles. Le due facce della medaglia: Fca dovrà far fronte a un esborso di centinaia di milioni di dollari a Tesla per poter beneficiare del suo contributo, evitando così possibili sanzioni miliardarie; Tesla, che non naviga in buone acque, ha fatto della vendita di crediti green un vero business. Nel 2018, infatti, il guadagno è ammontato a 103,4 milioni di dollari, l'anno prima addirittura a 279,7 milioni.
Da Torino non viene quantificato il costo dell'operazione. In una nota, Fca precisa che «il senso del mercato dei crediti di CO2 è quello di sfruttare i modi più convenienti che portano all'abbassamento delle emissioni complessive di gas serra». «Il pool di acquisti - aggiunge il comunicato - offre la possibilità per fornire prodotti che i nostri clienti sono disposti ad acquistare, gestendo allo stesso tempo la conformità con l'approccio a costi più bassi».
Per il gruppo guidato da Mike Manley si tratta ora di accelerare il più possibile sul piano dei nuovi prodotti, con l'ingresso nelle gamme dei marchi delle nuove motorizzazioni ibride ed elettriche. Secondo un'analisi di Ubs, infatti, nel 2018 le emissioni medie dei veicoli che fanno capo a Fca erano di 123 grammi/km di CO2, rispetto al dato generale di 120,5 grammi. Senza una strategia efficace, gli analisti di Jefferson prevedono sanzioni capogiro, fino a oltre 2 miliardi.
Fca non è nuova ad azioni di questo tipo. Negli Stati Uniti, in passato, il gruppo ha acquistato crediti green da altre società del settore più virtuose in fatto di emissioni: oltre a Tesla, anche Toyota. E proprio quest'ultima, si prepara a costituire un «pool aperto» con Mazda della quale possiede il 5%, come riporta il Financial Times che ieri ha dato molta enfasi all'accordo tra Fca e Tesla. «Pool» possono essere avviati all'interno di uno stesso gruppo per compensare le emissioni, come nel caso di Volkswagen, Seat e Skoda rispetto a Porsche e Audi, tutti marchi appartenenti alla stessa famiglia tedesca. Per Fca, nonostante i passi avanti compiuti nella ricerca sulle motorizzazioni, il tema delle emissioni è sempre più centrale visto l'atteggiamento, in proposito, dell'Unione europea. La nuova proposta di Bruxelles, infatti, va in direzione di un ulteriore inasprimento: contrazione delle emissioni medie di CO2 del 37,5% entro il 2030. Ma è prevista anche una riduzione intermedia del 15% entro il 2025.
Da qui l'urgenza, per il presidente di Fca, John Elkann, di sciogliere in tempi rapidi il nodo alleanze allo scopo di condividere con altre Case automobilistiche gli investimenti sempre più pressanti sulla mobilità green.
Si è ampiamente parlato, in proposito, dell'opzione Psa allo scopo di formare una «super piattaforma» europea, proprio in chiave della profonda (e obbligata) trasformazione che il settore sta affrontando con non poche difficoltà e punti interrogativi.
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