Fca-Renault, ora Parigi alza la posta

I francesi: "Avanti con interesse". Ma il cda prende tempo e rinvia tutto a oggi

Fca-Renault, ora Parigi alza la posta

Non è bastata una giornata al cda di Renault per dare il proprio via libera alla fusione con Fca. Una seconda riunione, che si preannuncia decisiva, è stata fissata per oggi pomeriggio. Da Parigi una nota ha solo confermato che il cda continua a studiare il progetto di fusione al 50% con interesse, ribadendo la volontà di approfondire la discussione. Per il resto bocche cucite, anche se negli ambienti vicini al Lingotto l'impressione sembra essere positiva. E anche Piazza Affari, che pure ha archiviato la seduta prima della conclusione del cda francese, si è dimostrata fiduciosa, premiando le azioni Fca con un +3,9% a 11,81 euro. Ancora meglio ha fatto la holding Exor, grazie al +4,1% che vale 57,90 euro.

Il mercato, insomma, guarda con favore alla nascita del terzo polo automobilistico mondiale con 8,7 milioni di auto prodotte. Ma se nelle nozze entrassero anche i giapponesi di Nissan e della controllata Mitsubishi, il numero delle auto salirebbe a oltre 15,6 milioni, proiettando la nuova aggregazione in vetta alla graduatoria dei costruttori. A dettare legge per la Casa transalpina, in questi giorni, è il ministro dell'Economia, Bruno Le Maire, che in nome dello Stato, azionista di Renault, ora con il 15% e a nozze celebrate con il 7,5%, ha avanzato alcune richieste a John Elkann, presidente di Fca e di Exor, colui che ha proposto la fusione.

Le Maire punta alla presenza di un rappresentante del governo nel futuro cda e di far pesare la voce dell'Eliseo al capitolo nomine apicali del gruppo, oltre che a ottenere un dividendo straordinario per gli azionisti francesi.

Il piano, sul tavolo del cda di Renault anche oggi, prevede la creazione di una capogruppo olandese partecipata al 50% dagli azionisti di ciascuna Casa automobilistica che porterebbe la holding Exor a esserne il primo socio con circa il 14,5%, mentre lo Stato francese scenderebbe al 7,5%; la stessa quota la avrebbero i giapponesi di Nissan, che attualmente sono azionisti al 15% di Renault e che, con la creazione della capogruppo, avrebbero, a differenza di adesso, anche i diritti di voto sulla propria quota. Anche il coinvolgimento dei giapponesi è uno dei temi posti come cruciali per il futuro dell'accordo Fca-Renault.

L'ad di Nissan, Hiroto Saikawa, non si è detto contrario al matrimonio, ma un'operazione del genere comporterà necessariamente una «fondamentale revisione» dei termini dell'Alleanza in atto con Renault. E sempre Nissan coglierebbe l'occasione per avere più peso nel futuro board dell'ipotetico primo gruppo mondiale del settore, visto che, sul fronte delle tecnologie per l'auto elettrica e quella a guida autonoma, tiene il coltello dalla parte del manico.

Non manca, intanto, chi guarda con molti dubbi all'operazione in corso, come il fondo francese Ciam, azionista di Renault, il quale definisce quella di Fca non un'azione con propositi paritetici, bensì un'acquisizione della Casa transalpina. Il fondo reclama così un premio collegato all'acquisizione, e dichiara la sua contrarietà alle nozze.

Intanto, visto che John Elkann dovrebbe assumere la presidenza di Fca-Renault e l'attuale numero uno del gruppo di Parigi, Jean-Dominque Senard, la carica di amministratore delegato, c'è da chiedersi quali ruoli toccheranno, guardando ai vertici del Lingotto, all'attuale ad Mike Manley e al cfo Richard Palmer.

Il primo, si suppone, vista la conoscenza globale dei mercati, in particolare di quello americano e asiatico, potrebbe ritrovarsi direttore generale mondo della nuova società, interfacciandosi quindi direttamente con

l'ad Senard. Quest'ultimo, avendo guidato fino a poco tempo fa il colosso degli pneumatici, Michelin, ha pure un'ampia esperienza internazionale. A Palmer, reduce da un upgrade in Fca, potrebbero aprirsi le stanze dei conti.

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