Dopo Verona e Sant'Agata Bolognese, sedi di Volkswagen Group Italia e Automobili Lamborghini, le Fiamme gialle hanno fatto visita al quartier generale di Porsche Italia, a Padova. Di fatto sono state replicate le perquisizioni, anche nelle abitazioni private (nel caso di Porsche nelle residenze degli unici due componenti del board che abitano in Italia), effettuate a metà ottobre. Otto gli indagati a Padova, tutti membri del consiglio di amministrazione, tra i quali il direttore generale Pietro Innocenti, che si aggiungono ai 6 di Verona. Tra questi, il presidente della filiale italiana del gruppo tedesco, Luca De Meo, e l'ad Massimo Nordio.L'ipotesi di reato su cui indaga la Guardia di finanza di Padova è quella di frode nell'esercizio del commercio. Sequestrati svariati documenti cartacei e digitali. L'inchiesta in casa di Porsche è partita dall'esposto presentato da un'associazione di consumatori secondo cui ci sarebbero differenze tra le emissioni reali e quelle dichiarate da parte della Casa tedesca. A ispirare la denuncia, che mette nel mirino il modello Cayenne e la motorizzazione turbodiesel V6 di 3 litri, sarebbe stata l'indagine condotta negli Stati Uniti sul Suv di lusso.Ai primi di novembre, infatti, la consociata nordamericana di Porsche aveva annunciato la sospensione della vendita dei modelli Cayenne diesel del 2014 e del 2015 sul mercato Usa e canadese. La decisione era stata presa dopo che l'Epa, l'Agenzia federale di protezione dell'ambiente, aveva accusato il Gruppo Volkswagen di aver taroccato le emissioni anche sui potenti motori a gasolio delle auto di grossa cilindrata, incluso il Suv di Porsche.E ora la coda italiana dell'inchiesta, partita dall'esposto dei consumatori, allo scopo di verificare se sulle auto sportive tedesche sia stato installato, nel sistema elettronico, il software in grado di determinare emissioni di gas diverse da quelli comunicate o risultate dai controlli, come avvenuto per le auto del Gruppo Volkswagen, al quale fa capo la stessa Porsche.Resta sempre il fatto della discrepanza tra la normativa americana (ossidi di azoto nel mirino) e quella europea (guerra soprattutto all'anidride carbonica) sui limiti alle emissioni, e della necessità che tra le due sponde dell'Atlantico, coinvolgendo governi centrali, autorità preposte e costruttori di autoveicoli, si arrivi a una soluzione condivisa nell'interesse di tutti.L'allargamento delle indagini a Porsche, gioiello con Audi del gruppo di Wolfsburg, rischia sempre più di pesare sul futuro del nuovo numero uno, ed ex amministratore delegato proprio della prestigiosa Casa di Zuffenhausen. In proposito, la stampa tedesca, sostenuta anche da alcuni analisti, non va per il sottile, ritenendo il top manager a conoscenza dell'inghippo, nonostante Müller abbia affermato, in più occasioni, che il tutto è avvenuto «a mia insaputa».Volkswagen ha intanto raggiunto un accordo con le banche sui termini del pianificato prestito ponte da 20 miliardi che servirà a uscire dalla palude finanziaria dopo lo scandalo. Tredici banche stanno offrendo quote di credito da 1,5 o 2,5 miliardi ciascuna, per un totale fino a 29 miliardi. Il mercato ora: mentre negli Usa le vendite di Volkswagen sono crollate in novembre del 25%, in Germania il calo è limitato al 2%.
In controtendenza l'Italia: marchio Volkswagen +27,1 per cento.Il Parlamento dell'Ue, infine, istituirà una commissione d'inchiesta per stabilire se ci siano state mancanze amministrative o assenza di controlli nelle omologazioni delle emissioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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