Fonsai, ipotesi bonus per i piccoli soci

Unipol vuole il 66,7% dell’aggregato, ma si lavora sull’idea di un "warrant". La variabile Milano. Oggi il verdetto del consiglio

Fonsai, ipotesi bonus per i piccoli soci

Unipol non recede dall’obiettivo di controllare il 66,7% del maxi-polo assicurativo che nascerà dall’integrazione di Fonsai, ma sarà smussato qualche «angolo» dell’accordo per andare incontro agli azionisti di minoranza. Dopo un’ulteriore verifica questa mattina, lo showdown sarà dalle ore 15 nel cda Fonsai: terminate le relazioni degli advisor Goldman Sachs e Citi, toccherà ai consiglieri indipendenti esprimersi sull’operazione. Il compromesso, su cui gli indipendenti avrebbero lavorato l’intera notte, prevederebbe il ricorso a strumenti finanziari come gli warrant, oltre alla possibile procastinazione dell’integrazione di Milano nella combined entity. Scartata, invece, l’ipotesi di escluderla dalla fusione perché l’operazione non collimerebbe con quanto previsto dalla procedura autorizzativa presentata all’Isvap e alla Consob. I documenti andrebbero quindi riscritti, ma questo mal si sposa con l’urgenza di capitale accusata da Fonsai che, dopo la severa pulizia di bilancio, ha il margine di solvibilità sotto il minimo di legge malgrado il buon andamento tecnico del primo trimestre.
Anche la giornata di ieri è comunque scivolata via in riunioni a catena - con un summit dell’ad di Fonsai, Emanuele Erbetta, e del dg Piergiorgio Peluso con i consulenti di Goldman nel tentativo di fare combaciare il puzzle dei concambi con le pesanti condizioni poste da Unipol per il salvataggio: il mercato assegnava infatti a Bologna una quota del 50-55%. Vigile anche Mediobanca, dove l’ad Alberto Nagel è stato occupato in riunioni e contatti telefonici.
Secondo alcuni anche Unipol dovrà peraltro fare fronte, oltre che ai problemi di Unipol Banca, al peso dei prodotti strutturati. Quanto al tasso di riservazione (che esprime il rapporto tra riserve tecniche, danni e premi netti), gli analisti fotografano a fine 2011 Unipol a quota 166% (175% la media dal 2004) contro il 176% di Fondiaria (161% la media storica) che ha però immesso capitale.
Sull’intera operazione, aleggia, tuttavia, la stretta del tribunale sulla famiglia Ligresti. All’indomani della richiesta di fallimento presentato dalla procura di Milano nei confronti delle casseforti di famiglia Sinergia e Imco (l’udienza è il 2 maggio) ieri è stato l’Isvap a depositare un nuovo esposto ipotizzando rilievi penali per un possibile ostacolo all’attività di vigilanza. Lo stesso reato per cui Salvatore Ligresti è indagato dai tempi del fallito accordo con Groupama. Abbastanza per fare svanire l’euforia in Borsa dove, dopo il balzo di martedì, Fonsai è caduta del 10,35% e la Milano del 6,6% mentre la holding Premafin si è avvicinata ai 30 centesimi previsti dal diritto di recesso (+1,7% a 28 cent).
Quanto a Sinergia e Imco, tra i creditori della prima spunta invece con 12,5 milioni (su 400 complessivi) l’Istituto europeo di Oncologia. Le banche puntano ad aggiornare la ristrutturazione nell’ambito dell’articolo 182 bis della legge fallimentare, ma anche la riunione di ieri non ha portato risultati.


Nella richiesta di fallimento, il pm Luigi Orsi, oltre a stigmatizzare la compravendita di titoli Premafin da parte dei trust caraibici (che Consob ritiene collegati ai Ligresti), ha evidenziato come, secondo Ernst&Young, ci sia un rischio di contenzioso fiscale compreso tra 2,6 e 4,9 milioni. Il presidente Giuseppe Vegas ha invece previsto «tempi abbastanza rapidi» per il verdetto della Consob sull’Opa obbligatoria.

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