È il governo di Giuseppe Conte, o meglio l'asse Lega-M5S, l'ago della bilancia del lodo Carige, il cui controllo si deciderà nell'assemblea del 20 settembre. In gioco c'è, la salvezza della banca genovese tanto che Moody's ha chiaramente parlato di rischio di risoluzione, a cui seguirebbero le procedure del bail in per azionisti, obbligazionisti e correntisti.
E a questo punto il comportamento del Mef che attraverso la controllata Sga spa detiene il 5,4%, potrebbe essere determinante per le due formazioni in corsa per avere la maggioranza del cda: la lista dei Malacalza (23,9%) e la cordata formata da Raffaele Mincione, Gabriele Volpi e Aldo Spinelli (al 15,2%). Quest'ultima ieri ha pubblicato il patto di sindacato da cui emerge che solo un azionista, Spinelli, risiede in Italia e a Genova; Mincione, candidato alla presidenza, per il suo veicolo finanziario (Pop 12) ha scelto come sede legale il Lussemburgo e Gabriele Volpi controlla le azioni con la sua Compania Financiera Lonestar, che ha sede a Panama. Ddue noti paradisi fiscali. Inoltre il sostegno alla lista Volpi potrebbe creare un imbarazzo in più al governo giallo verde, almeno stando ai principi a cui il M5s sostiene di volersi ispirare. Sul petroliere sono infatti in corso indagini per reati finanziari.
Ecco allora che quello in Carige, rimasto finora sottotraccia, segna il primo forte coinvolgimento del nuovo governo nelle insidiose sabbie mobili dei salvataggi bancari. Ironia della sorte proprio un anno fa Beppe Grillo, genovese, fondatore del M5s, tuonava contro il decreto sulle banche venete che prevedeva, tra l'altro, l'intervento della Sga, oggi quanto mai risolutiva per decidere le sorti della banca ligure. In un simile contesto balzano ancora più in evidenza le indiscrezioni di stampa di una prossima uscita della Sga da Carige, teoricamente giustificate dal fatto che il titolo (che ieri ha chiuso a 0,0093 euro in calo dell'1%) si sarebbe riposizionato sopra i prezzi di carico (0,0080 euro). Sarà. Ma un addio precedente all'assemblea semplificherebbe le cose per il Mef che in caso contrario dovrebbe assumersi la responsabilità del voto sul futuro della prima banca ligure e nona in Italia.
La Sga, nata come «bad bank» di Banco Napoli nel 1997 e da allora attiva nel recupero crediti, è stata chiamata in soccorso di Carige con l'ultima ricapitalizzazione in cui ha sottoscritto titoli a 0,01 euro per 30 milioni. A poche settimane dall'ingresso nella banca, la Sga aveva già iscritto a bilancio in una «apposita riserva patrimoniale» i 5,9 milioni di differenza tra il prezzo di sottoscrizione e quello di fine dicembre. E oggi si trova ago della bilancia tra il grande socio Malacalza, che punta a nominare Fabio Innocenzi come ad e il patto Mincione Volpi, che sostiene l'attuale ad Paolo Fiorentino: proprio il manager che aveva chiamato la Sga. Un bel guaio per il Mef giallo verde. E non è forse un caso che il genovese Grillo, molto attivo su salvataggi bancari e banchieri corrotti in zona Toscana (per Mps ed Etruria), abbia finora sempre taciuto su Carige. Eppure gli argomenti non mancherebbero. Partendo dall'ex padre-padrone del gruppo, Giovanni Berneschi, ai vertici per 25 anni, fino al 2013, e condannato in Appello a otto anni e sette mesi per truffa.
Vittorio Malacalza, azionista di riferimento entrato nel 2015, in una lettera a Il Sole 24 Ore sostiene che «Carige era divenuta ostaggio di un perverso intreccio in una politica miope e clientelare» augurandosi che le indagini della magistratura portino a sanzionare «chi ha spolpato una banca ricca di affidamenti e, sopratutto, di fiducia». Lo scenario è delicato.
«Il futuro di Genova e della Liguria dipende anche dalla sopravvivenza di una grande banca radicata nel territorio e capace di fornire aiuto alle famiglie e alle imprese». L'assemblea del 20 settembre potrebbe essere l'occasione per Grillo di spendere qualche parola. E per Roma di prendere posizione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.