I Riva «versano» 1,3 miliardi all'Ilva

Adriano Riva ha firmato la transazione con i Commissari dell'Ilva per il rientro in Italia di 1,3 miliardi di euro, destinati al risanamento dell'acciaieria, come previsto dagli accordi preliminari siglati il dicembre scorso. Con questa firma, non ci sono più ostacoli per il rientro in Italia del denaro depositato su un conto della banca Ubs di Lugano.

La maggior parte della somma era stata sequestrata negli anni scorsi nell'ambito dell'inchiesta, coordinata dai pm Stefano Civardi e Mauro Clerici, con al centro il crac del gruppo che controllava il colosso siderurgico finito in crisi. I Riva, nei mesi scorsi, anche per riuscire ad avere il via libera ai patteggiamenti in sede penale, avevano dato l'ok al rientro in Italia di quei fondi (depositati su conti in Svizzera e ai quali si aggiungono i 230 milioni messi a disposizione da Adriano) da destinare alla bonifica e alla decontaminazione dello stabilimento pugliese. Da parte sua il giudice del tribunale di Milano Chiara Valori ha quindi approvato il patteggiamento per Adriano Riva a due anni e sei mesi con rinuncia alla prescrizione. L'imprenditore, alla cui famiglia faceva capo l'Ilva di Taranto, chiude in questo modo il procedimento a suo carico, nel quale era indagato per bancarotta, truffa ai danni dello Stato e trasferimento fraudolento di valori. Le posizioni di Fabio e Nicola Riva, figli dello scomparso Emilio (fratello di Adriano), sono state stralciate: la loro proposta di patteggiamento verrà discussa il prossimo 6 luglio. Intanto le due cordate in corsa per rilevare Ilva hanno risposto alla lettera sugli impegni dopo la sollecitazione dell'Ue, tra questi c'era anche la proroga dell'offerta fino al marzo 2018.

Se Am Investco (Arcelor Mittal, Marcegaglia) ha accettato tutti i punti, AcciaItalia (Cassa Depositi e Prestiti con Arvedi, Del Vecchio e Jindal) ha dato l'assenso su i primi due, ma non ha accettato di prorogare la validità dell'offerta, che resta confermata con scadenza al 30 giugno prossimo.