L'umore è sotto i tacchi, un mood grigiastro che vira verso il nero ben espresso dall'ultimo indice sulla fiducia nell'eurozona. Appena 104 punti in aprile, il peggior risultato dal settembre 2016, con un moto discendente in progressiva accelerazione che dà la misura del sentiment di famiglie e imprese, strette tra una congiuntura in continuo deterioramento e le scarse aspettative di un miglioramento nei prossimi mesi. A preoccupare, inoltre, il fatto che i cali più vistosi si sono registrati in Spagna (-2,6), Germania (-1,5), Italia e Francia (-1% ciascuna), ovvero i Paesi che più contribuiscono al Pil di Eurolandia.
E infatti, il dato di oggi sull'andamento del prodotto lordo indicherà, quasi sicuramente, una crescita da zero virgola nel primo trimestre. Tale da rendere impietoso il confronto con l'espansione superiore al 3% degli Stati Uniti nello stesso periodo. Proprio lì, dove la Federal Reserve ha solo di recente rinunciato a quell'azione di restringimento della politica monetaria con cui, dall'era di Janet Yellen fino all'attuale comando affidato a Jerome Powell, i tassi sono stati alzati ben nove volte. Nell'eurozona, invece, la Bce di Mario Draghi ha appena tirato in barca i remi del quantitative easing, senza peraltro essere riuscita a consolidare la crescita e a centrare gli obiettivi di inflazione. L'ex governatore di Bankitalia ha più volte assicurato di essere pronto a usare la «cassetta degli attrezzi», se sarà necessario. Al momento, però, l'Eurotower si muove coi piedi di piombo: sul tavolo non c'è nulla, a parte la replica delle aste Tltro e l'ipotesi ventilata di ritoccare al ribasso i tassi applicati alle banche (0,40%) che parcheggiano la liquidità presso la Bce.
Servirebbe altro, visto che le banche stanno cominciando a tirare il freno nella concessione di prestiti alle imprese (+3,5% a marzo dal 3,8% di febbraio) e alle famiglie (+3,2% a marzo dal 3,3% del mese precedente) come reazione al rallentamento economico in atto. Contraddetto peraltro da fiammate episodiche, tipo l'aumento della produzione industriale in Italia in febbraio (+0,8% contro il meno 0,2% della media Ue). Non pochi analisti sono infatti convinti che Draghi, in caso di ulteriore peggioramento del ciclo, sarà costretto a far ripartire la giostra del Qe. Che, di sicuro, servirà almeno a stemperare le tensioni sul versante obbligazionario con particolare riferimento allo spread Btp-Bund che staziona sopra i 250 punti da oltre sei mesi. Anche se, di questi tempi, un quasi 3% di interesse garantito dai Btp rappresenta comunque un'occasione che gli investitori istituzionali sfruttano nonostante le incertezze, sia di tipo economico sia di natura politica, che pesano sull'Italia. Le stesse che hanno indotto venerdì scorso Standard&Poor's a mantenere negativo l'outlook sul nostro Paese.
Ma anche l'esito delle fresche elezioni in Spagna rischia di produrre instabilità, e lo stesso scenario potrebbe riproporsi dopo il voto europeo se dall'urna dovesse uscire un parlamento spaccato fra sovranisti-populisti ed europeisti.
Ma c'è anche chi teme, in caso di affermazione delle forze contrarie all'attuale status quo, un peggioramento dei bilanci che farebbe dello sforamento del deficit un terreno di scontro con la Commissione europea e metterebbe la Bce in una posizione assai scomoda.
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