L'Italia dell'auto maglia nera europea

Ha perso il 9,6%. Suona l'allarme per il governo, basta con i provvedimenti «spot»

L'Italia dell'auto maglia nera europea

Da tempo sottovalutata, nel senso che vengono presi provvedimenti «spot» senza ascoltare lo zoccolo duro del mercato (i costruttori che fanno i volumi), la crisi in cui si dibatte il settore dell'auto nel Paese, rischia ora di diventare un problema serio per il governo. E insieme all'auto, a soffrire è anche il comparto dell'autotrasporto (-10,1% le vendite a marzo in Italia). In comune c'è l'urgenza di rinnovare i rispettivi parchi circolanti. Anzianità e scarsa sicurezza di milioni di veicoli e camion datati sulle strade, rappresentano un pericolo.

E non è certo con l'ecobonus su un pugno di vetture elettrificate che si risolve il problema. Per far ripartire le vendite, occorre invece un piano strategico, studiato a tavolino con il settore. I dati sulle immatricolazioni di marzo in Europa (-3,6%) sono impietosi con il mercato italiano: il peggiore (-9,6%) tra i cinque big, ovvero Germania (-0,5%), Francia (-2,3%), Spagna (-4,3%)e Regno Unito (-3,4%), che pure è alle prese con il nodo Brexit. Il problema: i consumatori continuano a rimandare sine die l'acquisto della macchina, specialmente coloro che hanno parcheggiata sotto casa una vettura ante Euro 4. La ragione è semplice: mancano i soldi e il governo, al posto di pensare a loro, vuole premiare chi ha 30mila euro e più da spendere per un veicolo elettrico.

I problemi economici, i continui allarmi sullo stato di salute del Paese e l'incognita per come andranno le imminenti elezioni europee, insieme al rebus Brexit, impongono, alle famiglie, la massima prudenza. In questo scenario nebuloso, se anche l'industria dell'auto, fondamentale per far girare l'economia e l'occupazione, segna il passo, la situazione si fa ancora più difficile. Il fatto che i consumatori italiani non comprimo macchine pesa in particolare sul gruppo Fca che ha appena stanziato, per il suo polo nazionale, 5 miliardi. In Europa, il mese scorso, la Fca guidata da Mike Manley ha venduto quasi il 12% in meno (-10,8% il dato trimestrale) e preoccupa il -45,5% registrato da Alfa Romeo, i cui modelli (Giulia, Stelvio e Giulietta) sono prodotti solo in Italia, come del resto accade per Maserati. Ancora più pesante è il risultato del Lingotto in Italia: -19,3% a marzo.

Sarà per la demonizzazione del diesel (-17%, il mese scorso, nei primi 5 mercati Ue) che, paradossalmente sta portando all'incremento della CO2, gas serra che le autorità puntano a ridurre proprio combattendo i motori a gasolio; sarà per l'aumento delle limitazioni agli accessi nelle cerchie urbane; sarà per le scelte ideologiche in tema di mobilità: il risultato è che il settore che traina l'economia è in debito di ossigeno.

Nei giorni scorsi, il presidente di Unrae (l'associazione dei costruttori esteri in Italia) ha incontrato il viceministro dello Sviluppo economico, Dario Galli (Lega) «Gli abbiamo espresso - spiega il presidente Michele Crisci - la sempre più urgente definizione di una visione strategica della mobilità che accompagni la transizione verso le nuove motorizzazioni elettriche con un piano chiaro e ben delineato».

Non è solo Fca a frenare in Europa. Il segno meno accompagna anche le vendite di Volkswagen, Psa, Daimler, Toyota, Honda, Nissan, Bmw, Ford e Hyundai.

«Ci aspettano mesi non facili - commenta Paolo Scudieri, presidente di Anfia (l'associazione della filiera italiana automotive) - a causa delle tensioni che caratterizzano il panorama internazionale ed europeo, insieme al rallentamento dell'economia mondiale. È difficile, a questo punto, fare previsioni per i prossimi mesi».

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