Madrid non chiede il salvataggio Borse a picco, proteste di piazza

Tempo scaduto. Stanchi del continuo temporeggiare della Spagna sulla richiesta di un piano di aiuti, ieri gli investitori hanno ripreso a vendere a mani basse, con l'effetto di far collassare le Borse e imprimere un effetto di accelerazione agli spread dei bond iberici e italiani. Una giornata nera, nerissima, fotocopia di tante vissute all'acme della crisi del debito sovrano. Al termine della giornata la solita contabilità cimiteriale, con la conta dei danni ben riassunta dagli oltre 133 miliardi di euro di capitalizzazione bruciati dalle Borse europee, di cui 11,7 in carico a Piazza Affari, scivolata del 3,3% sotto il peso del crollo dei titoli bancari.
Doveva capitare, prima o poi. L'indecisione del governo di Mariano Rajoy, quel suo voler vedere tutte le carte prima di lanciare un Sos ormai inevitabile, costa ora caro a tutti. Anche se la prudenza spagnola è in parte comprensibile. La lettera inviata martedì alla Commissione Ue da Germania, Olanda e Finlandia è risultata indigesta a Madrid. I tre Paesi insistono: condizioni rigorose per i Paesi che ricorreranno all'Esm per ricapitalizzare le loro banche in crisi; soccorso finanziario circoscritto alle future crisi bancarie e non applicabile alle situazioni preesistenti. Insomma, un danno per la Spagna, che ha già chiesto l'intervento del Fondo di salvataggio e attendeva l'entrata in funzione del firewall permanente per salvare i propri istituti.
Dalle colonne del Wall Street Journal, il premier spagnolo ha ribadito ieri le proprie convinzioni: «Chiederemo il salvataggio se i tassi sui titoli di Stato resteranno troppo alti per troppo tempo». Ma se i mercati continueranno a “picchiare“ sui Bonos con lo stesso accanimento di ieri, a Rajoy non sarà concesso molto tempo per correre ai ripari. Il titolo decennale cammina già su un terreno minato (rendimenti sopra il 6%), mentre il differenziale con il Bund è volato a 460 punti. Ulteriori tentennamenti della Moncloa, sede del governo di Madrid, potrebbero rapidamente far schizzare i tassi oltre il 7%. Un punto di non ritorno.
Se così fosse, il governo dovrebbe rivedere la bozza di budget 2013 che include nuove misure di austerità per riportare il deficit al 4,5%. Con un doppio risultato: da un lato, peggiorare una recessione che anche nel terzo trimestre, dopo il -1,3% tra aprile e giugno, procede «a ritmo sostenuto», come ha ammesso la Banca di Spagna; dall'altro, alimentare le tensioni sociali: sia quelle che ieri hanno provocato a Madrid scontri di piazza tra polizia e indignatos, sia quelle legate alle spinte separatiste della Catalogna.
Il problema è che la crisi iberica può diventare un macigno per l'euro zona e una mina vagante per i mercati. Sotto questo profilo, la giornata di ieri è emblematica. E non solo per i pesanti ribassi di tutte le Borse, ma anche per le rinnovate pressioni sullo spread Btp-Bund, in forte rialzo a quota 375, nonostante il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, abbia detto che «L'Italia è forte abbastanza da risolvere da sola i suoi problemi». L'impatto iberico ha inoltre colpito l'asta di ieri di Bot per 9 miliardi: domanda più bassa alla media degli ultimi mesi e tassi calati all'1,5%, un livello inferiore alle attese.
Ma anche la Grecia resta un fronte aperto. A maggior ragione ora che la troika Ue-Bce-Fmi sembra dilaniata da una lotta intestina.

L'istituto di Washington spinge per una ristrutturazione del debito detenuto dai Paesi europei, mentre Bruxelles vuole dare ad Atene più tempo per applicare l'austerità concordata in cambio degli aiuti. Intanto, in un Paese paralizzato dallo sciopero generale, sono ieri riesplosi gli scontri di piazza contro i nuovi tagli per 11,5 miliardi.

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