Marchionne prova a dribblare Trump

Fca pronta a importare dal Messico anche la nuova Jeep Compass. Il rebus Canada

Marchionne prova a dribblare Trump

Domani alle 14,30 ora italiana, dall'Auto Show di Detroit, sarà lo stesso ad di Fca, Sergio Marchionne, a spiegare quale strategia intende adottare per evitare contraccolpi dal nuovo presidente Usa, Donald Trump, sulle produzioni di veicoli in Messico. Tutte le ipotesi sono aperte. Il caso è caldissimo, visto l'imminente avvio della linea destinata ad assemblare nello stabilimento di Toluca anche la nuova Jeep Compass, la cui produzione è stata spostata da Belvidere (Illinois) nel Paese latino-americano (oltre che in Brasile e in Cina). Quale posizione assumerà Marchionne? Lancerà a Trump il guanto di sfida, rischiando pesanti dazi all'importazione negli Usa che potrebbero gravare sul prezzo finale dei prodotti? Prenderà tempo e magari attenderà che il nuovo presidente si insedi nello Studio ovale e, quindi, ammorbidisca le sue attuali posizioni sul Messico? Cercherà di dribblare il tycoon di New York riservando magari al Messico una produzione ridotta e destinando la parte maggiore da qualche altra parte? Cosa frulli nella testa di Marchionne lo sa solo il diretto interessato. Una cosa sembra essere certa: difficilmente la più piccola delle «Big Three» americane lancerà apertamente la sfida al neopresidente, rischiando di inimicarselo.

Tanto Fca non è considerata un'azienda Usa al 100%, potrebbe ribattere qualcuno. Esatto, e non è più neppure italiana al 100%, essendo ormai un soggetto ibrido con sede legale e fiscale in Olanda e nel Regno Unito. In pancia, però, ha il Gruppo Chrysler con tutti i suoi marchi Usa, incluso quello che porta il nome di Jeep, nonché locomotiva delle vendite. E Trump, questo, lo sa bene. Ma anche Toyota non è americana, eppure il tweet di Trump parla chiaro.

Marchionne seguirà la linea del suo non tanto amico Carlos Ghosn, numero uno di Renault-Nissan, cioè di adeguarsi alla linea governativa? Con l'obiettivo, magari, di arrivare a sedersi intorno a un tavolo per parlare apertamente del problema, cercando una soluzione che metta tutti d'accordo? «La nostra preoccupazione - ha spiegato Ghosn (il gruppo ha un mega stabilimento nel Tennessee) - è dove installare le future capacità. Prima di una tale decisione bisogna capire quello che succederà, quali saranno gli scambi economici all'interno di Usa, Messico e Canada, e quale sarà la politica seguita dalla Casa Bianca».

Un ulteriore problema, infatti, potrebbe arrivare dal Canada, altro Paese che fa parte dei patti Nafta che Trump vorrebbe smantellare. E se il nuovo presidente dovesse spostare la sua attenzione anche su questo Paese? In Canada, tra l'altro, Fca ha due fabbriche: a Windsor, dove è prodotta l'ultima novità, il minivan Chrysler Pacifica, e a Brampton, dove nascono la Chrysler 300 insieme alle Dodge Challenger e Charger. E l'Europa (Melfi produce le Jeep Renegade che poi vengono esportate negli Usa) resterà fuori dalla black list di Trump? La situazione è alquanto complessa e Marchionne, domani, potrebbe dare un colpo al cerchio e una alla botte. Vedremo se lo farà e, nel caso, come.

L'ad di Fca, inoltre, non è solo alle prese con la programmazione dei nuovi prodotti negli impianti italiani (nelle prossime settimane ne parlerà con i sindacati), ma anche negli Usa si attende chiarezza sul futuro di alcune fabbriche. È il caso di Warren (Detroit) dopo il trasferimento della linea Ram 1500 nella vicina Sterling Heights che, intanto, ha visto Jeep Cherokee accasarsi a Belvidere, dove si produceva la Dodge Dart. E poi c'è Conner (Detroit) che ospitava le linea dell'iconica Viper, giunta a fine corsa.

Anche gli 82 giorni di stock sul mercato Usa potrebbero costringere Fca a rallentare la produzione. In attesa che torni il segno più nelle vendite. Borsa che vola e giudizi degli analisti a parte, dal punto di vista industriale il 2017 è cominciato con diversi nodi da sciogliere.

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