Il Mobile italiano è mini Ma "vale" 22 miliardi

Il settore resta frammentato. Le low cost Ikea e Mondo Convenienza regine del fatturato

Il Mobile italiano è mini Ma "vale" 22 miliardi

Sono per lo più piccole, se non addirittura lillipuziane, fortemente concentrate tra Lombardia e Veneto e capaci di occupare, complessivamente, l'intero spettro dell'offerta. La piccola dimensione, lungi dall'esser un limite, e la proposta di tipologie di prodotti adatte a ogni tasca e a ogni gusto sono probabilmente i due atout che hanno permesso al settore del legno-arredo di passare senza danni le forche caudine della crisi. Le stesse che hanno costretto gli italiani a pensare - e a consumare - per sottrazione dovendo fare i conti con un sempre più ridotto potere d'acquisto.

Sotto questo punto di vista l'analisi dell'area Studi di Mediobanca, che ha esaminato 330 imprese del settore che danno lavoro a 82mila persone (+6,5% dal 2013), risulta illuminante non solo nel dar conto della crescita del fatturato aggregato (21,8 miliardi di euro nel 2017, +4,4% rispetto all'anno prima), ma soprattutto per vedere chi si è accaparrato una buona fetta dell'intera torta. La parte del leone viene recitata da tre player, con Ikea (1,8 miliardi, +1,3%) saldamente in testa seguita da Edil Tre Costruzioni (Mondo Convenienza) con 1,1 miliardi (+5,8%) e dal gruppo Saviola, l'unica azienda produttiva (0,6 miliardi, +10,4%). I maggiori volumi vengono insomma assorbiti da due gruppi commerciali rivolti a un target medio-basso di consumatori e la cui forza risiede nella vastità dell'offerta unita a prezzi concorrenziali.

Ma se i tre top player non arrivano a mettere insieme neppure un sesto del giro d'affari totale significa che ci troviamo di fronte a un comparto polverizzato in piccole realtà, dove appena due aziende sono quotate (Beghelli e Rosss), soltanto 85 sono strutturate come gruppi, ben il 40% ha la forma giuridica della srl e permane una fortissima concentrazione territoriale: 142 su 330 imprese nel Nord Est e 108 nel Nord Ovest. Ma non per questo il sistema non funziona. Anzi. A fronte di una struttura finanziaria solida (l'incidenza del debito finanziario sui mezzi propri è calata dall'80,3% del 2013 al 54,5% del 2017), c'è la consapevolezza della realtà economica in cui si opera. Lo dice implicitamente il rapporto di Piazzetta Cuccia, quando sottolinea che «i maggiori incrementi di vendite, fatta eccezione che per l'altro mobilio domestico, sono stati realizzati sul mercato interno». In pratica, i due terzi dei ricavi, cioè 14,4 miliardi, sono stati garantiti dalle vendite realizzate in Italia grazie anche agli sgravi fiscali collegati alle ristrutturazioni.

Poi, naturalmente, c'è l'importante sbocco oltre confine, dove l'eccellenza italiana imperniata sui cardini della qualità dei materiale e sull'originalità del design prevale sul prezzo. Il mercato principale resta quello europeo, che pesa per oltre la metà dei volumi, seguito da quello orientale e da quello americano.

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