Nella nuova Bpm tramonta la stella dei dipendenti-soci

Il modello di Piazza Meda vacilla e aumentano gli addii al sindacato

Nella nuova Bpm tramonta la stella dei dipendenti-soci

Il blocco di potere dei dipendenti-soci che per decenni ha influito sui destini della Popolare di Milano tramite l’associazione Amici appare frantumato. Il cosiddetto «Modello Bpm» - basato sull’intersezione tra sindacati, Amici e gruppo dirigente - è stato piegato prima dall’addio dell’ex direttore generale Enzo Chiesa, poi dalla nomina di Piero Montani a capo azienda. Sia chiaro l’involucro della cooperativa e i suoi «tribuni» sopravvivono ma, contrariamente a quanto avveniva in passato, il nuovo vertice restio ad ascoltarne i suggerimenti, così come è stato bloccato il via-vai della base tra le salette del piano nobile dove si affacciano gli uffici di Montani e del presidente Andrea Bonomi. Una rivoluzione per Bpm, tanto che alcuni dirigenti e funzionari hanno restituito la tessera sindacale in vista del terremoto che sta agitando la prima e la seconda linea della banca: dopo l’arrivo di Iacopo De Francisco alla direzione Mercato, chi conosce Piazza Meda scommette che il percorso proseguirà con le direzioni Organizzazione e Credito; così da permettere a Montani di avere uomini di fiducia in tutte le caselle chiave. L’associazione Amici ha poi assistito, per la prima volta in trent’anni, alla nomina di un responsabile esterno alla delicatissima direzione del Personale, da poco affidata a Giovanni Rossi, già noto al Banco Popolare per la sua determinazione. Tanto che si considera scontato che sarà ridotta a un ricordo la forza rivestita dalla cosiddetta «paritetica», l’organismo sindacale made in Bpm, che era solito dialogare con la direzione su trasferimenti e promozioni. Un altro colpo per i dipendenti soci, cui Montani ha già fatto capire di riconoscere come controparte «industriale» i soli sindacati, tanto da convocarli (tutti insieme e non solo quelli storici) per il bilancio l’indomani dell’incontro con gli analisti.
Allo stesso modo il consiglio di sorveglianza è, pur tra i mugugni, ancora quasi all’oscuro delle mosse della gestione, secondo le more del rigido statuto duale dettato da Bankitalia proprio per «sterilizzare» gli Amici.
La prossima sfida è il piano industriale, con cui Montani vorrebbe ricondurre Bpm al ruolo storico di banca delle famiglie e pmi lombarde, imprimendo nuova forza commerciale alle filiali, dove è già sceso in incognito soffermandosi a leggere la cartellonistica nella speranza, sovente disattesa, di essere «intercettato» dagli addetti. Invitate da Montani a una maggiore dinamicità anche le attuali dieci Aree territoriali, che potrebbero essere oggetto di un riassetto, così come è stata rispolverata la distinzione tra «dipendenze hub» e agenzie minori («spoke»). L’obiettivo è aumentare i margini della banca, anche attraverso una riduzione dei costi che non potrà che rivedere su quelli del personale. Nella lettera di Pasqua ai dipendenti, Bonomi e Montani hanno peraltro già detto che «il rilancio sarà possibile solo grazie all’impegno» della base preannunciando «sacrifici». Secondo alcune stime Bpm avrebbe 1.300 addetti in eccesso concentrati nella sede centrale e nelle aree di insediamento storico. Di certo la cooperativa mostra uno dei cost income peggiori del mercato, complice sia quanto prescrive lo statuto sulla ripartizione degli utili sia un integrativo che ancora riconosce una non meglio precisata «indennità invernale», un retaggio del caro carbone del Ventennio, oltre a dei premi legati all’anzianità aziendale.

Ma in Piazza Meda aumentano anche i dipendenti che si cancellano dalle liste dei sindacati, tra cui prosegue la guerra di logoramento anche con vignette di satira violenta. La forza maggioritaria è ora la Uilca (2.300 sostenitori circa) che esprime l’associazione Amici insieme alla Fisac (1.000 iscritti), mentre Fabi (1.600) e Fiba (1.000) hanno dato vita ad «Arco».

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