Maya Del Nero
Spunta un terzo (mezzo) player alla corte dell'Ilva. Ieri, alla chiusura della gara per la presentazione delle offerte d'acquisto, è entrato nella partita un altro soggetto che - secondo indiscrezioni - dovrebbe essere il finanziere bretone Vincent Bolloré con la controllata Saga (nella newco Siderlog con Isc e a Multi Marine Services). Prima di lui, a presentare un'offerta ai commissari straordinari del sito siderurgico in amministrazione controllata sono state due cordate: la newco AcciaiItalia (Arvedi-Cdp-Delfin) e la jv ArcelorMittal-Marcegaglia. In realtà, a conti fatti, le offerte sarebbero due e mezzo. Sempre secondo indiscrezioni, infatti, il finanziere francese non sarebbe in partita per la gestione complessiva dello stabilimento, ma solo per i servizi marittimi che riguardano le banchine collegate allo stabilimento di Taranto. La sua partecipazione sarebbe dunque, secondaria, e in alleanza alla cordata aggiudicataria.
Quanto ai due soggetti in primo piano, AcciaItalia, vede schierati la Cassa depositi e prestiti guidata da Claudio Costamagna con il 44,5%, la Delfin del patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio (col 33,3%) e Arvedi, costola industriale della cordata. In qualità di gruppo siderurgico lombardo da 2 miliardi di fatturato (con poco più del 22%) Arvedi punta a prendere in mano la gestione operativa dei vari impianti dell'Ilva (da Taranto a Novi Ligure) e a integrarli tra loro per poi quotarli in Borsa. Obiettivo: una produzione annua che arrivi a 12 milioni di tonnellate l'anno di acciaio. Dal punto di vista finanziario, il piano di AcciaItalia potrebbe essere sovvenzionato anche con un prestito obbligazionario che vedrebbe in prima linea le banche creditrici (tra cui Intesa). La Cdp interverrebbe inoltre con circa 400 milioni, Delfin con una fiche tra i 300-350 milioni e Giovanni Arvedi con una quota di 80-100 milioni.
Questa cordata dovrà vedersela con la joint venture ArcelorMittal-Marcegaglia. Il numero uno mondiale dell'acciaio detiene una quota dell'85% della newco in gara e la società italiana del 15%. Nel dettaglio, il loro piano ha l'obiettivo di «incrementare l'utilizzo degli impianti principali di Ilva, portando la produzione annua di acciaio grezzo da 4,8 milioni di tonnellate a oltre 6 milioni di tonnellate entro il 2020, e di mantenere operativi almeno tre altiforni».
Si punta inoltre «alla riqualificazione delle prestazioni aziendali in termini di salute e sicurezza con l'introduzione di nuove varietà di acciaio» spiega in una nota la cordata. In un decreto del 31 maggio, il governo ha sancito che le offerte saranno valutate solo sulla base di piani ambientali considerati ammissibili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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