Nissan lascia aperto, per ora, uno spiraglio in vista di un suo possibile coinvolgimento, quale alleata di Renault insieme alla controllata Mitsubishi, al progetto di fusione tra Fca e il gruppo francese. È il risultato del vertice a quattro, svoltosi ieri in Giappone, tra l'ad di Nissan, Hiroto Saikawa, il presidente di Renault, Jean-Dominique Senard, con l'ad Thierry Bolloré, e il numero uno di Mitsubishi, Osamu Masuko. Saikawa, secondo la ricostruzione di Nikkei, ha fatto sapere di non opporsi alle nozze italo-francesi: «Molti dettagli - ha precisato però l'ad di Nissan - devono essere valutati e c'è la necessità di guardare più da vicino questo piano per capire quale rapporto contrattuale deriverebbe dall'accordo».
Da Yokohama, sede del gruppo nipponico, tanta cautela e prudenza. Significativa, comunque, la frase del presidente di Mitsubishi, Masuko: «Se avessero voluto tagliarci fuori, i vertici di Renault non avrebbero affrontato un viaggio così lungo». Per alcuni osservatori, da un coinvolgimento di tutte le parti ci potrebbero essere diversi vantaggi per Nissan, che ha difeso strenuamente la propria indipendenza di fronte ai tentativi di Renault, che ne detiene oltre il 40%, di arrivare a una fusione. La struttura dell'operazione proposta a Renault dal presidente di Fca John Elkann, infatti, prevede una holding in Olanda: se entrasse nella partita, il gruppo giapponese avrebbe circa il 7,5% delle azioni, ma con diritto di voto. Peserebbe, in pratica, quanto lo Stato francese, che vedrebbe così affievolita la propria presa sui giapponesi, la cui principale preoccupazione è mantenere una propria identità e indipendenza. L'allargamento a Nissan dell'accordo Fca-Renault, oltre alle sinergie, sarebbe importante per la forza che il gruppo di Yokohama vanta sul fronte dell'ibrido, dell'elettrico e della guida autonoma, oltre alla presenza nei mercati orientali, a partire dalla Cina. Il rovescio della medaglia, invece, riguarderebbe possibili sovrapposizioni con Fca negli Usa, in particolare con i marchi Jeep (Suv) e Ram (pick-up).
S&P, intanto, sostiene che la flessibilità finanziaria di Exor, holding che controlla Fca, potrebbe migliorare nel caso di una fusione con Renault. In una realtà combinata, la partecipazione di Exor scenderebbe a circa il 14%, mentre alla holding andrebbero anche 725 milioni di euro in dividendi straordinari, prima della chiusura, per neutralizzare il divario di valutazione tra i due gruppi. Il tutto, oltre al 30% di Comau, sotto forma di azioni o, in alternativa, una cedola incrementale di circa 70 milioni se la scissione da Fca, della controllata specializzata in automazione, non si dovesse verificare.
S&P, guardando alle intenzioni di Fca e Renault, mette però in conto alcuni problemi che potrebbero arrivare dalle tensioni commerciali e dai rapporti altalenanti dei francesi con Nissan. Spunta anche un «punturina» di Carlos Tavares, ad di Groupe Psa, il cui recente corteggiamento è stato respinto da Fca. Il top manager descrive l'operazione in itinere come «opportunistica».
Il campalinismo francese emerge, invece, da Le Monde, che parla di «matrimonio problematico» con «svantaggi che in questa fase superano i benefici», mettendo in evidenza supposte debolezze di Fca.In Borsa, ieri, negativi i titolo italiani (Fca -1,22%, Exor -1,84%); positivi quelli delle altre società interessate (Renault +0,62%, Nissan +1,84%, Mitsubishi +2,52%).
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