La nuova Cassa Depositi va verso il «test» Saipem

Per evitare una nuova Parmalat, il governo manda Costamagna a «presidiare» il capitale

Saipem non sarà un'altra Parmalat. Parafrasando il Renzi-pensiero sulle imprese e l'economia italiana, potrebbe riassumersi così quello che sarà il destino della controllata di ingegneria petrolifera dell'Eni, da mesi alle prese con un riassetto «in sospeso».

Per evitare, infatti, che a questi prezzi a sconto (ieri 8,08 euro) qualche colosso straniero arrivi e si porti via l'ennesima eccellenza italiana, il premier ha messo in moto la nuova Cdp guidata dal tandem Claudio Costamagna-Fabio Gallia. La controllata del Tesoro, che negli ultimi anni è intervenuta su diversi dossier industriali (come Snam e Ansaldo Energia), si prepara infatti a intraprendere un nuovo corso in cui - a detta dello stesso Renzi - assumerà «un ruolo ancora più forte» nel sostegno alle imprese e all'economia in generale. E il primo banco di prova sarà proprio l'affare Eni-Saipem. D'altra parte, si dice che il cambio al vertice della Cassa, deciso dal premier con un blitz estivo, sia proprio al servizio di questa operazione. Un riassetto che, a seconda di come verrà fatto, potrà cambiare non poco le sorti dell'industria petrolifera italiana. Aspetto non da poco per un governo che ha avuto poca fortuna, per ora, con le privatizzazioni e che da quella stessa industria - oggi a rischio con i prezzi del petrolio sotto i 50 dollari - trae un importante supporto attraverso i dividendi (a maggio l'Eni ha staccato un assegno da 1,2 miliardi al Tesoro: 176 milioni al Mef e 1,04 miliardi alla Cdp). Di qui, la necessità di intervenire nel riassetto di Saipem che, con il suo debito (4,2 miliardi, per il 90% in capo all'Eni), rischia di comprometterne i piani di sviluppo e dunque il suo «rendimento».

Così, mentre l'ad Stefano Cao lavora al nuovo piano indutriale, dall'altro il timoniere dell'Eni Claudio Descalzi avrebbe preso direttamente in mano il dossier e lo starebbe gestendo «a tu per tu» con il presidente della Cassa, Claudio Costamagna. Il tutto con il supporto di diversi advisor esteri: Lazard per Saipem, Credit Suisse e Goldman per Eni e Cdp. Partendo dal presupposto che Eni è intenzionata «a restare in Saipem e a darle una struttura finanziaria importante», l'operazione prevede l'ingresso della Cdp nel capitale della Saipem e una ricapitalizzazione monstre .

Gli obiettivi da raggiungere sono tre: mantenere italiana la società; finanziarie un aumento di capitale elevato che farebbe scendere Eni sotto il 30% dall'attuale 43% (si parla di 3-3,5 miliardi dai 2 miliardi ventilati a giugno a causa del peggioramento dello scenario petrolifero e delle commesse) e, infine, deconsolidare il debito di Saipem dai bilanci di Eni. Tra i diversi progetti esaminati nelle settimane scorse, il più probabile riguarda la presenza congiunta nell'azionariato Saipem di Eni e Cdp (sembrerebbero scartate le ipotesi di una vendita secca della quota e la scissione). «L'ipotesi - spiega Equita - rappresenta a nostro avviso la soluzione migliore tra quelle ipotizzate, evitando anche l' overhang » (eccesso di offerta di titoli sul mercato).

La messa a punto del progetto è attesa per fine ottobre, insieme al piano per il rilancio di Saipem: 1,3 miliardi di risparmi al 2017; un maxi taglio del personale da 8.800 persone e il riposizionamento a livello internazionale.

Rimessi a posto i tasselli in casa Eni, il potenziamento della Cdp potrebbe poi diventare ulteriore.

Renzi sull'economia si gioca infatti le chances di restare a Palazzo Chigi e la super Cdp punta a riordinare sotto di sè, dopo gas e settore elettrico, anche quello engineering con una Saipem risanata.

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