Alla World Trade Organization si predica bene ma si razzola male. «I conflitti commerciali rappresentano il maggior rischio di revisione al ribasso delle stime» di crescita, osservava ieri la Wto. Giusto: i protezionismi fanno male all'economia. E la prova sta nel fatto che l'Organizzazione con sede a Ginevra è stata costretta a tagliare pesantemente le proprie previsioni sul commercio mondiale a un +1,2% quest'anno e a un +2,7% nel 2020 contro rispettivamente il +2,6 e +3% prospettati in primavera. Cifre che hanno fatto scivolare tutte le Borse (Milano ha chiuso giù dello 0,8%).
Peccato, però, che dopo aver illustrato i danni provocati da un mondo con più barriere, la Wto stia per mettere nelle mani degli Stati Uniti proprio la pistola carica dei dazi. Circa otto miliardi di dollari da applicare sulle merci europee come risarcimento per gli aiuti di Stato ottenuti, nel corso degli anni, dal consorzio Ue Airbus. La sentenza dovrebbe arrivare oggi, ed è attesa da una buona fetta del made in Italy col fiato sospeso. Il rischio è quello di subire un inasprimento di tassazione sulle esportazioni verso gli States per un controvalore pari a 4,5 miliardi. Bersaglio delle misure punitive potrebbero essere gli autoveicoli, i farmaci, i capi d'abbigliamento e l'agroalimentare, con vini e formaggi tra i più in pericolo. La Coldiretti, che teme pesanti ripercussioni per l'intera filiera, ha promosso ieri nei pressi del Quirinale una sorta di moral suasion a base di olio d'oliva, pasta, conserve di pomodoro, parmigiano, Prosecco e Chianti e con l'esposizione di diversi cartelli (Don't kill the italian food, Mr. Pompeo, we are friends, A present for Trump) per convincere il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, in visita ufficiale, a usare la mano leggera con il nostro Paese. E a sensibilizzare Pompeo sul made in Italy è piombata ieri a sorpresa anche la giornalista delle Iene, Alice Martinelli, arrivata fino al palco dell'incontro con il premier Giuseppe Conte per consegnare un pezzo di parmigiano al Segretario di Stato Usa. Lo stesso Conte chiede le stesse cose, ritenendo sproporzionati, sulla base delle indiscrezioni circolate, eventuali dazi fino a un miliardo sui prodotti tricolori. Anche perché l'Italia non fa parte del consorzio Airbus.
A Bruxelles si stanno intanto affilando le armi. L'Unione europea «è pronta a difendere con forza i propri interessi commerciali», ha detto la presidenza finlandese dell'Ue. Secondo quanto trapelato, le misure di ritorsione nei confronti di Washington potrebbero portare a tariffe supplementari per oltre 10 miliardi di dollari. Con il braccio di ferro commerciale fra Usa e Cina ben lontano da una soluzione nonostante l'atteso riavvio dei negoziati, l'apertura di un nuovo versante di scontro darebbe un altro colpo a una crescita globale già in frenata e che flirta con la recessione. Sia dall'Europa, dove l'indice manifatturiero è crollato in settembre ai minimi dal 2012 e quello tedesco ai minimi dal 2009, sia dagli Stati Uniti, con l'Ism sempre più in territorio di contrazione (47,8 punti in agosto, il peggior dato da 10 anni a questa parte), sono arrivati ieri nuovi segnali allarmanti.
Il passo del gambero della manifattura Usa ha offerto il destro a Donald Trump per l'ennesimo attacco, tramite Twitter, alla Fed: «Come predetto, Jay Powell e la Federal Reserve hanno consentito che il dollaro diventasse tanto forte da colpire negativamente i nostri produttori. I tassi della Fed sono troppo alti.
Sono i peggiori nemici di se stessi, non hanno la minima idea» di cosa fare. «Patetico», ha concluso il tycoon. Soddisfatto invece di essere riuscito a mettere le ali a Wall Street dal giorno della sua vittoria elettorale: «La mia performance in Borsa è stata spettacolare».
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