Perso il 25% del valore: è l'ultima tra le 23 grandi Borse Capitalizzazione al 23% del Pil, ma nel 2000 era al 70%

Anche se i mercati sono oggi dominati dagli algoritmi capaci di spostare ricchezze in un nanosecondo, i comuni mortali hanno una percezione ancora tradizionale della Borsa. C'è ancora, insomma, chi valuta i risultati sull'arco di un decennio. La ricerca su indici e dati 2015 realizzata dall'Ufficio Studi di Mediobanca dedica infatti un intero capitolo al bilancio degli ultimi 10 anni di Piazza Affari. Le notizie non sono buone: solo Atene ha fatto peggio del nostro listino, la cui performance è negativa per il 25%, mentre le altre 22 Borse principali mostrano il segno più, con Shanghai salita addirittura del 316%. Un -2,6% annuo per Milano che dà la misura dell'impatto provocato dal virus dei subprime prima e dalla crisi del debito sovrano poi, che ha ovviamente agito anche sui livelli di capitalizzazione e disincentivato l'esordio di nuove società, acuendo un fenomeno di cui la il nostro mercato è storicamente sofferente come quello dei delisting.

Con l'analisi dell'ultimo ventennio le cose migliorano appena un po': se in 17 su 20 anni l'investimento è stato positivo, per le banche sono 9 gli anni in nero e 12 per le assicurazioni; solo gli industriali fanno l'en plein. Il confronto con i Bot? Vincente in 13 casi su 20, con un 6,8% garantito (contro l'1,4% dei Buoni del Tesoro) da fine 2009 a dicembre 2014. Le note dolenti vengono però da due fronti: dal 1938 solo tre titoli (Generali, Italcementi e Caltagirone) hanno fatto da scudo all'inflazione; inoltre il monte dividendi, 14,8 miliardi, è ancora inferiore del 9% rispetto al 2010.

Quanto alla capitalizzazione, oggi Piazza Affari ha un peso pari a 542 miliardi di euro, il 32% del Pil. La percentuale è la più elevata dal 2009, ma resta a una distanza siderale dal 70% del 2000, quando la Borsa era nella top ten mondiale. Se a fine 2004 Milano era già undicesima, a settembre di quest'anno è scivolata al 18esimo posto pur avendo sorpassato Brasile e Russia.

La rimonta non sarà facile: i sei mercati che ci hanno scavalcato sono, mediamente, 1,8 volte quello italiano. Per invertire la tendenza servirebbe una forte valorizzazione dei prezzi, oppure l'apporto di matricole di peso. Ma l'esordio di Poste è purtroppo destinato a restare un caso isolato, mentre Piazza Affari continua a presentare un saldo negativo tra ingressi e uscite. Anche nel 2015 sono state 10 le imprese delistate, a fronte di appena otto ammissioni.

Un fenomeno iniziato nel 2001: da allora le iscrizioni risentono di un calo medio di 10,7 unità mentre le cancellazioni sono state 13,2, uno sbilancio che sarebbe ancora più evidente se non ci fosse stato, nel 2009, il travaso di 39 titoli dall'ex Mercato Ristretto.

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