Non ha più senso parlare di povertà. Almeno, non di un solo tipo di povertà. Di poveri - potenziali o conclamati - ce ne sono di varie categorie e tante saranno le sfide del governo Meloni che dovrà sbrogliare nodi frutto di tanti anni di politiche mal mirate. La sfida ha ancora più peso se si considera che l'Onu ha fissato tra gli obbiettivi da raggiungere in Europa entro il 2030 anche l'eliminazione dell'indigenza estrema. Un traguardo che al momento sembra impensabile. Ma chi sono i nuovi poveri di cui parlano Censis e Caritas?
I BLOCCATI
Alloggiano nei dormitori pubblici da mesi, anni. Ciondolano attorno alle stazioni e accettano qualche lavoretto solo se è in nero. Sono «inchiodati» al reddito di cittadinanza, cioè quelli che si tengono ben stretto l'assegno di assistenza e non trovano nessun lavoro che sia più conveniente rispetto all'aiuto statale.
Basti pensare che l'assegno arriva fino a 780 euro al mese e uno stipendio part time per lavori di bassa manovalanza non supera i 500 euro lordi. Non solo: se si lavora solo per qualche settimana o per un paio di mesi, il reddito salta per tutto l'anno. E quindi si resta lì, impantanati. A testimonianza del fatto che il reddito di cittadinanza può anche aver dato una boccata di ossigeno ai più fragili, ma non ha creato occasioni di reinserimento lavorativo. Per niente.
Chi cerca di ripartire ci prova in tutti i modi: ma anche frequentare i corsi di aggiornamento istituiti gratuitamente dalle Regioni porta a poco. Porta a un attestato, raramente a un lavoro. Dei navigator intanto non c'è più traccia ma un piano per reinserire socialmente e lavorativamente le persone non può più aspettare.
I SOVRAINDEBITATI
Un tempo erano quelli che soffrivano della «sindrome della terza settimana del mese», cioè le famiglie che al 20 del mese avevano già finito i soldi per spesa e bollette e ricorrevano alla carta di credito. Niente pizza fuori, niente eccezioni e spese extra per cercare di far quadrare i conti.
Ma i centri di accoglienza denunciano sempre più spesso che il debito delle famiglia «al limite» ha raggiunto cifre che rasentano il tracollo. Quindi si presuppone che tante persone - che non pagano l'affitto da mesi - vengano sfrattate e debbano essere in qualche modo assistite, soprattutto se in presenza di bambini. Ci sono poi quelli soffocati dalle rate, indebitati fino al collo con agenzie di credito con tassi al limite dello strozzinaggio. Insomma, persone in bilico che rischiano di perdere tutto.
I NEO DISOCCUPATI
Quando si mettono in fila alle mense dei poveri, tengono la testa bassa, si vergognano. Non sono abituati a chiedere aiuto. Eppure.
Sono i neo disoccupati, quelli che hanno perso tutto ed esaurito i pochi soldi messi da parte. Quelli che magari devono corrispondere un assegno alla ex moglie e ai figli e non hanno più nulla. Ma risultano ancora «troppo benestanti» per accedere alle case popolari: nella domanda di ammissione hanno dovuto dichiarare il reddito dell'anno scorso, quando ancora lavoravano. E poi sono uomini, soli, e in graduatoria non sono certo ai primi posti, dovranno aspettare il prossimo giro se va bene. Il passaggio in dormitorio sembra quasi obbligato.
I NEET
C'è una povertà latente, non ancora classificabile come povertà vera. Ma da affrontare al più presto. Riguarda la categoria dei Neet (dall'acronimo inglese Not in education, employment or training), cioè i ragazzi che non studiano né lavorano. L'Ocse rileva come la quota di Neet di età compresa tra 25 e 29 anni in Italia era già in aumento al 31,7% durante la pandemia da Covid nel 2020, e ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. In questa fascia d'età sono più le donne (il 39%) che gli uomini.
Per i giovani tra 20 e 24 anni, la quota era diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4%, ed è aumentata fino al 30,1% nel 2021. Le politiche contro la dispersione scolastica potrebbero essere un antidoto al problema. L'accesso più facile al lavoro e stipendi più allettanti del reddito di cittadinanza anche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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