La ripresa e quello scricchiolio al Nasdaq

Le quotazioni di Facebook sul Nasdaq di New York
Le quotazioni di Facebook sul Nasdaq di New York

Il mercato tecnologico più importante del mondo ha iniziato a scricchiolare? E con esso l'America. Difficile dirlo, ma lì occorre guardare per capire dove andrà l'economia mondiale nei prossimi mesi.

Giovedì il Nasdaq è piombato in giù del cinque per cento dai massimi che aveva raggiunto. Ieri, venerdì, al momento in cui chiudiamo questa zuppa, alcuni dei titoli principali di quel mercato - da Tesla ad Apple - segnavano rosso. La vera domanda è se le star mediatiche del Nasdaq stanno crollando o invece è una semplice presa di profitto. Difficile dirlo, ovviamente.

Tesla è una grande scommessa. A tutti piace l'elettrico. Pensate all'Italia, chi avrebbe detto solo un lustro fa che l'elettrica Enel sarebbe valsa in Borsa quasi tre volte la petrolifera Eni? E così Tesla è il simbolo di un'industria storica, l'automotive, che si sta trasformando in elettrica. Ci riuscirà? I conti economici, non quelli finanziari, dicono che è ben lontana dal successo. Ma il mercato la pensa diversamente: in un anno è cresciuta dell'800 per cento, il 135 per cento negli ultimi tre mesi, e ha corretto di un misero nove per cento in questi ultimi due giorni. Che cosa succederà ora?

Ben diversa la storia e i numeri di Amazon. La sua capitalizzazione stellare è pari a cinque volte quella di Tesla. L'ultima riga dei suoi bilanci è ottima, macina ricavi e soprattutto il lockdown mondiale, invece di penalizzarla, l'ha favorita. Il suo titolo in un anno di Borsa ha fatto però dieci volte meno bene di Tesla (più 80 per cento), e nell'ultima settimana non ha perso praticamente un dollaro. Amazon è la solidità del Nasdaq, più tradizionale che tecnologica.

Infine c'è il caso Apple. La prima società americana a sfondare 2mila miliardi di dollari di capitalizzazione: vale più del pil della Spagna ed è ad un passo da quello dell'Italia. Come Tesla ha diviso le sue azioni (troppo care nominalmente) in diverse parti: una mossa geniale. Tecnicamente dividere un'azione da mille euro in quattro da 250 non dovrebbe cambiare un bel nulla. Ma in realtà lo ha fatto. E questo è un primo segnale preoccupante: ormai a comprare le azioni ci si mettono tutti. E chi non può per permettersi di comprare un'azione a tremila euro, magari lo fa a 500: un ragionamento tecnicamente folle.

Tornando ad Apple in un anno è salita, senza alcuna novità di sorta, a differenza di Amazon e di Tesla, del 130 per cento. È diventata l'icona della tecnologia. Poco importa che produca in Cina e lì ci potranno essere dei problemi con l'amministrazione Trump, poco importa che non ha in canna alcuna innovazione stratosferica e poco importa che oggi i consumatori, meno ricchi di un tempo, sembrerebbero meno disponibili a comprare a mille euro tecnologie che si trovano sul mercato alla metà.

Apple è diventata un simbolo, un marchio, uno stile di vita: il suo valore è favoloso. È la «commodity» (a Cupertino ovviamente si offenderebbero) della tecnologia cool. E non sembra che ci sia crisi che tenga.

Sono queste le tre star del mercato americano. Basti pensare che giovedí scorso il calo in borsa di Apple ha bruciato (virtualmente) una capitalizzazione che da sola vale più del valore di Borsa di 480 delle 500 società quotate sullo Standard and Poor's.

Tanto per dare una dimensione di quanto valgano queste star in rapporto alle tradizionali società industriali e bancarie americane.

Per guardare alla prossima crisi o ripresa americana, lo specchio del Nasdaq è diventato fondamentale: non è più come ai tempi della bolla del 2000. Oggi quello è il mercato, gli altri giocano in un altro girone.

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