"Ristrutturiamo il debito". Argentina vicina al default

Il Paese chiede di riscadenziare il prestito da 57 miliardi. Per i mercati è già insolvenza. Borsa -5%

"Ristrutturiamo il debito". Argentina vicina al default

Sotto il profilo tecnico, non è ancora default. Ma l'Argentina dovrà compiere uno sforzo titanico per non inciampare nella nona bancarotta dalla sua indipendenza, anno domini 1816.

Stretta nella morsa della recessione, alle prese con un'inflazione galoppante e con le riserve valutarie dissanguate nel tentativo di tamponare l'emorragia della sua vluta, il peso, ieri Buenos Aires è stata costretta a presentarsi col cappello in mano alla porta del Fondo monetario internazionale.

Con una richiesta umiliante: ottenere la ristrutturazione del debito concesso appena lo scorso giugno, quando già i conti argentini ballavano un tango disperato. Più tempo, insomma, per ripagare il prestito da 56 miliardi di dollari, di cui 44 già incassati, concesso non senza qualche riluttanza - e grazie all'intercessione di Donald Trump, amico del presidente argentino Mauricio Macri - , dall'organismo guidato da Christine Lagarde.

L'Fmi sta analizzando l'operazione per valutarne l'impatto. Non è un sì e neanche un no, ma a giudicare dalla reazione della Borsa di Baires, arrivata a perdere fino al 5%, e dall'ennesima picchiata del peso (-3% a 59,9 contro il dollaro, -56% da gennaio), par di capire che i mercati stiano mettendo in conto il peggior scenario possibile.

Anche perché, nonostante il governo si sia impegnato a pagare regolarmente gli interessi, a subire un allungamento dei tempi di rimborso saranno anche sette miliardi di debiti verso gli argentini e 50 miliardi di debito estero. Agli occhi di molti investitori, ciò equivale a un default vero e proprio. Anche in assenza della certificazione di un'agenzia di rating.

La situazione è resa oltremodo delicata dall'imprevista sconfitta patita da Macri, un paio di settimane fa, alle primarie presidenziali (una sorta di primo turno elettorale). Se l'affermazione del candidato peronista Alberto Fernandez, che corre in ticket con l'ex inquilina della Casa Rosada, Cristina Fernandez Kirchner, verrà confermata dalle urne il prossimo ottobre, il Paese rischia di gettare alle ortiche le politiche riformiste e subire una deriva sovranista che metterebbe la nazione in una posizione scomoda nei confronti dell'Fmi, che ha preteso politiche di austerità in cambio degli aiuti. Una schiarita nei rapporti commerciali fra Usa e Cina potrebbe però dar respiro all'Argentina, resa ancora più vulnerabile proprio dal duello combattuto dalle due super potenze a colpi di dazi. La buona notizia, accolta ieri con favore dai mercati, è l'inaspettata apertura di Pechino a riavviare i negoziati.

Respingiamo fermamente un'escalation della guerra commerciale e siamo disposti a negoziare e collaborare per risolvere questo problema con atteggiamento calmo, ha detto Gao Feng, portavoce del ministero del Commercio cinese.

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